Il pensiero ebraico
e il pensiero unico
“Orsù, scendiamo e confondiamo la loro lingua, sì che uno non comprenda quel che dice l’altro” (Bereshith, 11:7).
Quest’anno come è già stato annunciato, la Giornata della cultura ebraica è dedicata alla lingua e alle lingue dell’ebraismo. Se in linea con numerose teorie linguistiche e filosofiche la lingua è specchio ed è collegata ad un modo di pensare e di vedere il mondo, per lingua si dovrebbe intendere anche il pensiero stesso. La storia dell’ebraismo, del sionismo, e di Israele in seguito, è sempre stata una molteplicità di correnti, espressioni, idee, ideali diversi, condivisibili o discutibili, spesso in netta contraddizione tra loro; non portando mai a reali scismi e mantenendo il popolo ebraico nel bene e nel male unito attraverso i secoli. Questa pluralità, come la priorità da parte di ‘Am Israel di aderire alla legge celeste rispetto a quella degli uomini, è forse la più grande ricchezza dell’ebraismo, ciò che lo ha sempre distinto. L’omologazione, la censura, e l’allinearsi o l’uniformarsi ad un pensiero unico sono retaggio della storia dei partiti e dei regimi, i quali con il pensiero ebraico o con lo spirito del sionismo hanno naturalmente poco a che vedere. Se ognuno poi pensasse ed esprimesse le medesime cose all’altro, non avremmo veramente più niente da dire, e potremmo così anche smettere di confrontarci…
Questa sarebbe una catastrofe.
Francesco Moises Bassano
(13 maggio 2016)