Il settimanAle – Macroeconomics
4635 – 4695 – 4755 – 3890
19665 – 22550 – 29635 – 35665
4,24 – 4,80 – 6,23 – 9,17
1985 – 1995 – 2005 – 2014
La prima riga indica il reddito medio netto mensile (in shekel) delle famiglie nel 10% più povero della popolazione israeliana, e la seconda di quelle nel 10% più ricco, secondo un grafico riportato nel giornale economico The Marker alla vigilia di Yom HaAzmauth, e tratto dai dati dell’Ufficio Centrale di Statistica. Come si vede nella terza riga, il rapporto fra le due, che è un indice della disuguaglianza fra le fasce sociali, è cresciuto negli ultimi 30 anni, con una vera e propria impennata negli ultimi nove, quando i ricchi sono diventati più ricchi, ed i poveri più poveri. Eppure, lo stesso reportage di The Marker riferisce come quasi l’86% degli adulti in Israele si dichiari “felice” o “molto felice” della propria vita, una crescita di 4 punti percentuali in 10 anni; e come circa la stessa percentuale si dichiari contenta del proprio lavoro. È vero che poi molti si dicono insoddisfatti del reddito, ma rimane un contrasto evidente fra una felicità diffusa ed in crescita, anche rispetto ad altri paesi occidentali, e disuguaglianze sociali altrettanto diffuse, e sempre più marcate.
Per Erev Shabbat erano da noi i figli di una cugina, incluso Shai che ha studiato economia e psicologia a Tel Aviv, e che aveva abbozzato prima del kiddush una conversazione sulla Fine della Storia, il libro di Francis Fukuyama. Gli ho allora chiesto come spiegasse lui questo abbinamento fra disuguaglianza e felicità, entrambe in aumento in Israele. Siamo alla fine della storia? Non dovrebbero i poveri sempre più poveri sentirsi oppressi e sfruttati? “Ma no, è molto semplice, è la solita curva [si chiama, ho visto poi, curva di Kuznets]: Israele è un paese giovane. All’inizio c’era uguaglianza perché erano tutti poveri. Poi alcuni hanno cominciato a farsi strada, si sono arricchiti e servono da modello agli altri, i quali intravedono nel loro successo un futuro migliore anche per sé, e perciò sono ottimisti, anche se la disuguaglianza è cresciuta. Adesso però stiamo entrando nella seconda fase, cominciano ad aumentare le tasse, che hanno un effetto equalizzatore; vedrai che alla lunga saremo di nuovo più uguali, come i paesi scandinavi”. Shai 2, Fukuyama 0, Marx 0.
Alessandro Treves, neuroscienziato
(15 maggio 2016)