Pagine Ebraiche al Salone del Libro
Da Teheran a Tel Aviv, Payam Feili:
“Ho scelto Israele, ho scelto la libertà”

Payam Feili immagine 1Israele è il paese dove ho trovato la libertà. La libertà di esprimermi e la libertà di amare. Per questo, anche se non sono ebreo, ho scelto di chiedere asilo a questo paese, perché amo la sua aria di libertà e di democrazia.
Nella giornata conclusiva del Salone del Libro di Torino il giovane poeta iraniano Payam Feili è con la redazione del giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche per raccontare la sua Israele.
Un incontro con il pubblico realizzato superando mille ostacoli e mille cautele e che ha costretto Payam a parlare da una località mantenuta assolutamente riservata. Molte le domande e molte le sue risposte. La conoscenza di una cultura, quella della lingua persiana, di straordinaria ricchezza e oggi in larga misura soffocata dal regime islamico. La scoperta di un giovane letterato che ha conquistato la libertà al costo di enormi sacrifici e di enormi pericoli e ha compiuto una scelta coraggiosa per portare in salvo il suo destino e la sua arte. E un incontro voluto proprio per restituire al Medio Oriente la sua dimensione reale, drammaticamente vivida e continuamente storpiata da chi pretende di ridurre la vita della regione a un conflitto e a una prova di forza. Restituire a Israele la sua dimensione di società viva e aperta, di democrazia di incomparabile valore respingendo la tendenza a rinchiudere la realtà dello Stato ebraico nella gabbia e nella prospettiva distorta del conflitto mediorientale è una delle finalità strategiche di Pagine Ebraiche.
Payam Feili immagine 2E l’incontro ha portato un momento di grande emozione quando il direttore della redazione giornalistica dell’Unione, Guido Vitale, ha pregato l’interprete dal Farsi che era in sala di dare lettura pubblica delle prime poesie tradotte nella nostra lingua del giovane letterato.
Poesie nate a Tel Aviv, in terra di libertà, dopo lunghe e difficili peregrinazioni. Payam, che oggi ha trent’anni, ma ha pubblicato il suo primo libro a 19, vede ora le prime traduzioni in inglese e in ebraico di un’opera che molti esperti hanno considerato interessanti, ma che al di là del loro valore letterario, conservano l’enorme valore di testimonianza, una presa di posizione irrevocabile per la libertà e la democrazia.
Daniela Fubini, che per Pagine Ebraiche aveva intervistato Payam Feili nelle scorse settimane, scrive per il notiziario quotidiano Pagine Ebraiche 24 la rubrica “Oltremare” che appassiona migliaia di lettori e lavora in Israele sul fronte della migliore collocazione nel mondo professionale di chi ha compiuto l’Aliyah, ha raccontato molti particolari dei primi giorni di libertà di Feili nel paese ebraico. Un ragazzo come tanti che oggi vive libero e ha deciso in omaggio a questa libertà di portare sulla pelle il simbolo della Stella di Davide.
Farian Sabahi, docente nelle università di Torino e Aosta e autrice di molti libri dedicati alla situazione iraniana, ha inquadrato il lavoro di Payam Feili nel panorama della letteratura degli iraniani, ma dialogando con il giovane scrittore ha anche cercato di offrire un’analisi della drammatica situazione delle libertà a Teheran.
“L’Iran di oggi – ha spiegato Payam – è una società estremamente problematica nel riconoscimento e nell’accettazione di tutte le diversità, dall’identità di genere alle differenze etniche e religiose. Una società che non tollera le minoranze”.
Payam Feili immagine 3Sabahi ha anche raccontato molto della vita dei 250 mila ebrei iraniani che si sono rifugiati in Israele, una comunità cui Payam non appartiene per motivi religiosi, ma in cui può ritrovare motivi di appartenenza linguistica e culturale.
Il confronto, che ha continuato fino alla conclusione a tenere con il fiato sospeso gli oratori, i partecipanti, ma anche i tecnici che si sono impegnati a mettere assieme tante voci in una situazione così delicata, ha poi ceduto il passo alla poesia di Payam.
Queste le sue prime parole che hanno preso forma in lingua italiana grazie all’impegno di Seta, che aveva l’incarico di renderle dal vivo per il pubblico del Salone.
“Tra le semplici linee delle tue braccia / può scoppiare una guerra, / potrebbe piovere, / o librarsi in aria / un uccello / proprio dal titolo sulla prima pagina dei giornali / – una rondine o uno storno –.
“Tra le semplici linee della tue braccia / può succedere qualunque cosa. / Si potrebbero rappacificare due tribù, / persino Beirut / può allungare le sue snelle mani / e togliere la neve dalle spalle di Teheran”.
Appena una manciata di versi che ha suonato come una dichiarazione d’amore per Israele e come una presa di posizione irrevocabile contro le dittature, per la cultura e per la libertà di tutti i popoli.

(16 maggio 2016)