prossimo…

In un epoca di emigrazioni e immigrazioni a livello planetario, l’insegnamento della Torah in merito al nostro prossimo e allo straniero che vive tra noi è di estrema attualità:
“Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso, Io sono D-o” (Levitico 19, 18).
“Non ti vendicherai e non serberai rancore”: ciò che odi per te stesso, non farlo al tuo prossimo. Comprende le mitzvoth negative verso il prossimo.
“ma amerai il tuo prossimo come te stesso”: tutto quello che vorresti che il tuo prossimo faccia a te, fallo tu al tuo prossimo. Comprende le mitzvoth positive verso il prossimo.
“Io sono D-o”: Io sono il D-o unico che vi ha creato, in base a questo siete tutti fratelli. Se veramente ami D-o, lo si può capire dal tuo amore per gli uomini. Comprende tutte le mitzvoth positive e negative verso D-o.
“i figli del tuo popolo”, “il tuo prossimo”: “i figli del tuo popolo” si riferisce ai figli di Israele; “il tuo prossimo” si riferisce a tutti gli uomini: “amato è l’uomo che è creato a immagine divina”; “amerai il tuo prossimo come te stesso” si applica ad ogni “uomo ad immagine e somiglianza di D-o”, in base alla regola ermeneutica stabilita dalla Halachà, “MiPrat uKlal” (“dal particolare al generale”): se una norma viene prima enunciata a proposito di alcune categorie specifiche e poi viene ripetuta per una categoria generale, si applica a quella generale.
“il tuo prossimo”, “Reachah”: colui che fa “il tuo male”, amare anche colui che ti è nemico e che ti ha fatto “del male”. Rispondere al male con il bene. Amare a tal punto il tuo nemico così che anche lui sarà costretto ad amarti.
“come te stesso”: la tua vita vale quanto la sua, e la sua vita vale quanto la tua. “Il tuo sangue non è più rosso del suo, il suo sangue non è più rosso del tuo”. “possa vivere tuo fratello con te”. Chi non si ama non può amare gli altri veramente. Questo però non vuole escludere la libera scelta del sacrificio di se stessi per amore del prossimo.
“Amerai il tuo prossimo come te stesso, Io sono D-o (Levitico 19, 18), questo è il più grande principio della Torah” (Talmud Bavli, Nedarim 9, 4). Insegnamento di Hillel: “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te: ecco la Legge. Il resto non è che commento. Vai e Studia” (Shabbath, 31a). Questa è la Alachà (Legge): “amerai il tuo prossimo come te stesso, tutto quello che vorresti che il tuo prossimo faccia a te fallo tu al tuo prossimo” (Rambam)
Hillel non a caso enfatizza l’aspetto etico come base dell’ebraismo. Non è detto infatti qui: “mangia Kosher: questo è tutta la Torah. Il resto non è che commento. Vai e studia”.
“Se uno straniero verrà a vivere presso di te, nella vostra terra, non l’affliggerete”; “lo straniero che abita insieme a voi lo considererete come chi è nato tra voi. Lo amerai come [ami] te stesso, poiché [anche voi] siete stati stranieri in terra d’Egitto. Io sono l’Eterno il vostro [ma anche il loro] D-o”. (Levitico 19, 33 – 34)
Che bisogno ha la Torah di sottolineare l’amore verso lo straniero, dal momento che è già incluso nel comandamento di amare il prossimo?
I maestri spiegano che lo straniero è un prossimo più debole e pertanto più facilmente oggetto di discriminazione. Lo svantaggio sociale dello straniero residente presso di noi sta alla base della necessità di una mitzvà specifica, diretta esclusivamente nei suoi confronti:
“Quando uno straniero dimorerà presso di voi nel vostro paese”, vivrà con voi e sarà soggetto gli stessi doveri, deve quindi accettare alcuni principi fondamentali della nostra società.
“non gli farete torto”, avrà i vostri stessi diritti, non dovrete affliggerlo nemmeno soltanto con le parole.
“lo considererete come colui che è nato fra di voi”, avrà pari dignità e sarà uguale a voi, in quanto appartenente alla “razza umana”.
“tu l’amerai come ami te stesso”, tu (ogni singola persona) farai per lui tutto quello che vorresti fosse fatto a te stesso, lo sosterrai in modo attivo, non potrai sottrarti dall’agire tu stesso in prima persona.
“perché anche voi siete stati stranieri nel paese d’Egitto”, voi tutti avete già conosciuto lo stato d’animo dello straniero, dovete quindi essere capaci di immedesimarvi in lui. Quello che passa lui, lo hai passato anche tu stesso, non rinfacciare a lui la sua condizione di straniero, poiché potrebbe risponderti che anche tu sei stato straniero.
“Io sono il Signore, vostro D-o”, il vostro D-o, di tutti voi, e quindi anche il suo D-o, in quanto Creatore.

Paolo Sciunnach, insegnante

(16 maggio 2016)