Il Presidente Ucei all’Osservatore Romano “Esperienza ebraica, modello d’integrazione”
Il quotidiano della Santa Sede Osservatore Romano dedica un’intera pagina – il servizio è anche richiamato con evidenza sulla prima pagina del quotidiano – alla conclusione del mandato del Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, che per dieci anni ha tenuto il timone della massima istituzione dell’ebraismo italiano.
Rivolgendo alla realtà ebraica italiana un’attenzione senza precedenti la prestigiosa testata vaticana riporta integralmente il testo della relazione conclusiva (clicca qui per leggere l’intervento) che Gattegna ha rivolto all’ultimo Consiglio, svoltosi a Roma la scorsa domenica, ma pubblica anche il testo di un colloquio fra lo stesso Gattegna e il direttore del quotidiano Giovanni Maria Vian.
Convivenza e solidarietà sono possibili
L’incontro è cordialissimo, come d’istinto già la prima volta, diversi anni fa brevissimamente. Ma stavolta è diverso, per una conversazione senza fretta, mentre le ombre e il silenzio della sera progressivamente avvolgono lo studio in un vecchio palazzo di Prati. Romano, settantaseienne, sposato da oltre quarant’anni, due figli già grandi, due nipotine, Renzo Gattegna è dal 2006 presidente dell’Ucei, l’Unione delle comunità ebraiche italiane; in altre parole, il rappresentante dell’ebraismo di fronte allo Stato.
Avvocato civilista, rievoca innanzitutto con passione il suo itinerario all’interno della comunità romana, quando nella prima metà degli anni Cinquanta diversi suoi amici fondarono un circolo giovanile ebraico. Vive nella memoria di Gattegna restano la figura di Augusto Segre, capo del dipartimento culturale dell’Ucei, e la sua visione molto aperta dell’ebraismo: era un uomo “portato a dialogare”, che insisteva sempre sui diritti civili e sulla libertà di tutti.
Nel 1967 dalla Libia arrivò un’ondata di “tripolini” e si pose il problema di accogliere una intera comunità “per farla sentire integrata”: non fu facile, certo, ma ci siamo riusciti, dice. Il ricordo dell’episodio è sintomatico dell’atteggiamento di Gattegna, pacato e fiducioso.
Nei rapporti non semplici all’interno del variegato ebraismo italiano, con le istituzioni civili, con la maggioranza cattolica. E qui, insieme alla memoria di Elio Toaff, si staglia quella di Papa Giovanni e dei suoi successori, ma soprattutto del concilio e della Nostra aetate, la dichiarazione sui rapporti con le religioni non cristiane. Tanto breve quanto fondamentale, il documento ha segnato una svolta e, per quanto riguarda l’ebraismo, le celebrazioni cinquantenarie sono state una conferma dell’alleanza divina originaria, mai revocata e irrevocabile, con Israele: e ora questa conferma è “un segno inequivocabile, un vero segno dei tempi” commenta il presidente dell’Ucei.
Il colloquio si allarga: nei paesi occidentali, secondo Gattegna, siamo stati molto fortunati per questi “settant’anni di pace, libertà, benessere”. Oggi però siamo di fronte a nuovi pericoli: dalla crisi economica mondiale al terrorismo, che infierisce soprattutto sui moderati e perseguita le minoranze, in particolare i cristiani. Fino al deterioramento dell’ambiente, che è tra le cause delle migrazioni forzate. Ma si può e si deve collaborare, ripete con convinzione il presidente dell’Ucei: bisogna “arrivare a una pacifica convivenza” perché, se è vero che il passato ha lasciato segni profondi, “è importante far prevalere la fraternità e consolidare questo momento, forse irripetibile”. In questo processo di collaborazione tra fedi diverse un ruolo importante ha la laicità, dice con convinzione Gattegna, e precisa: “la laicità, non il laicismo, che è un’ideologia antireligiosa; in questo sono d’accordo con il Papa”. Ha coraggio il Pontefice, chiosa il presidente dell’Ucei, e “sa esprimersi in modo che tutti lo capiscano”. Con secolarizzazione e politica in crisi, c’è una riscoperta religiosa. Ma è forte il pericolo degli integralismi e dei fondamentalismi, ai quali Gattegna si è sempre opposto, non solo come rappresentante dell’ebraismo italiano.
Il presidente dell’Ucei ne è convinto: il pregiudizio è “basato sulla non conoscenza”. Certo, in Italia l’interesse per l’ebraismo e la sua cultura è cresciuto molto, ma non altrettanto “la reciproca conoscenza tra ebrei e cattolici” perché “i cambiamenti sono rimasti finora nelle élite”. Oggi, continua Gattegna, “gli ebrei possono essere per tutti un esempio di una minoranza capace d’integrarsi”, e ripete che più in generale l’attuale rapporto tra cattolici ed ebrei «è un segno che la convivenza e la solidarietà sono possibili». Si è fatto tardi ed è sceso il buio, ma la conclusione del colloquio guarda con ottimismo al futuro, accompagnata dall’aria primaverile che si avverte appena scesi in strada, tra gli alberi.
g.m.v, Osservatore Romano 17 maggio 2016
(Foto di Giovanni Montenero)