…mediazione

Nonostante l’immenso caos che sconvolge il Medio Oriente dalla rivolte del 2011, io sono fra coloro che, se non altro per il suo valore simbolico, considera importante una risoluzione del conflitto israelo – palestinese. Vedo, dunque, in modo molto positivo la candidatura di Al Sisi a mediatore degli interessi di entrambe le parti. Registrata la reazione positiva di Netanyahu, sono molto curioso di capire cosa il Presidente egiziano abbia in mente per mettere allo stesso tavolo Fatah e Hamas, sconvolti da una guerra intestina che ne fa, di fatto, due realtà totalmente separate. Non mi risultano, tra l’altro, buoni rapporti fra il suo governo e il mondo palestinese, men che mai con Hamas, che rischia di esportare terrorismo nei confini del suo Paese. Insomma, la strada appare in salita, ma è il primo tentativo, che, almeno a parole, si registra negli ultimi anni di immobilismo assoluto e pessimismo imperante. Intanto, va dato atto ad Al Sisi di essere uscito bene dall’angolo diplomatico in cui rischiava di relegarlo il caso del povero Regeni, sempre più, con molti altri, vittima sacrificale di un contesto geopolitico che non ammette mezze misure.

Davide Assael, ricercatore

(18 maggio 2016)