Qui Torino – Ecologia, religioni a confronto

20160518_174234Come viene declinato il binomio uomo-ambiente all’interno delle tre religioni monoteiste. Se ne è parlato all’incontro organizzato dall’Unione giovani ebrei d’Italia (Ugei) assieme alla Comunità religiosa islamica giovani e Federazione universitaria cattolica italiana. A dialogare tra loro tre relatori: rav Alberto Moshè Somekh, direttore della Scuola rabbinica Margulies-Disegni e membro del Comitato Interfedi Torino, assieme a Gloria Mari, membro della Società Cooperativa Sociale, e Abd al-Haqq Isa Benassi, imam del Coreis e Accademia ISA.
Ad aprire l’incontro, Gloria Mari Nocetum la cui riflessione si è concentrata sulla custodia del creato, partendo da alcune parole chiave come interiorità, amore, bellezza, pace, salvezza, termini che devono costituire la base per affrontare quella che ha definito “crisi ecologica”. Alla crisi bisogna rispondere con una “conversione ecologica”, intesa come passione nella cura del mondo, affiancando a uno sguardo scientifico uno sguardo interiore.
È poi Abd al-Haqq Isa Benassi a prendere la parola soffermandosi sulla concezione stessa di genesi del mondo: La volontà divina crea il mondo per farlo conoscere: il fine ultimo della creazione è la conoscenza. Nel teatro cosmico della creazione c’è una creatura particolare, l’uomo, nato da tre elementi: argilla, acqua e spirito. L’uomo è da considerarsi rappresentante di Dio sulla Terra. La rettitudine dell’uomo si riflette nel benessere della Terra in cui vive. Tuttavia c’è un certo grado di corruzione da parte dell’essere umano. In particolar modo l’imam individua tre atteggiamenti errati: negazione della realtà divina, che comporta un’azione umana che si basa sulla convinzione che il mondo sia senza senso o che sia l’uomo stesso il principio che lo governa. Il secondo atteggiamento è l’associazione: si riconosce la realtà divina ma solo parzialmente e questa prospettiva si avvicina all’idolatria. Infine la mancanza della profondità, a cui si lega un attaccamento maggiore alle cose materiali che non a Dio stesso.
Terzo punto di vista è rappresentato da rav Somekh. La sua analisi si fonda sulle fonti e ha come punto di partenza la Genesi. In particolare fa riferimento alle parole utilizzate per descrivere il giudizio divino dopo la creazione: prima della creazione dell’essere umano si legge “quello che aveva fatto era cosa buona”, dopo la creazione dell’uomo “quello che aveva fatto era molto buono”. Da qui l’insegnamento che soggiace alla creazione di un progetto comune: per funzionare è necessaria la collaborazione di tutti gli attori coinvolti. Questo comporta la necessità di temperate caratteristiche individuali. L’uomo tuttavia in questo rapporto con il resto del creato, dà l’impressione di essere una creatura avulsa dall’ambiente che lo circonda, in perenne ricerca di equilibrio. Poi l’analisi vira sulle norme che si ritrovano principalmente nella Torah e nel Talmud: vari testi rappresentano una testimonianza di come l’importanza dell’ambiente e il rispetto di quest’ultimo sia un aspetto centrale del discorso normativo. Le prime regole si ritrovano nell’ambito della protezione della natura: si stabilisce ad esempio quando è possibile abbattere un albero, che tipo di albero e con quali scopi. Vi è poi un divieto di distruggere gli alberi da frutto perché a loro volta sono produttivi. Il precetto che vieta di sprecare che si intreccia con il tema dei rifiuti e della pulizia dell’ambiente. Fino ad arrivare alle norme contro l’inquinamento atmosferico, acquatico ed acustico.
Ambiente e religioni appaiono quindi profondamente interconnessi, in un gioco di equilibri sempre più complicato. Perché questi equilibri non vengano stravolti, alle norme deve seguire l’azione, allo sguardo spirituale una scelta concreta.

Alice Fubini

(19 maggio 2016)