Domande e risposte

bassanoPiù saggio che dare delle risposte, è porre delle domande. La letteratura dovrebbe portare soprattutto a questo. Wlodek Goldkorn con il suo ultimo libro di mémoires “il bambino nella neve” (Feltrinelli, 2016), tenta di spingere il lettore a riflettere su alcuni interrogativi che oggi sono più che mai attuali. Per esempio, se è possibile continuare a vivere in Europa, nonostante la Shoah e l’antisemitismo ancora vivo – nel libro viene ricordato il pogrom di Kielce del 1946 o i numerosi assassinii di sopravvissuti perpetrati da polacchi, spesso appartenenti all’estrema destra, sempre nel post-Shoah. – Oppure se si può continuare a conservare quegli ideali di socialismo democratico e di egualitarismo, che molto animarono il proletariato ebraico nel primo Novecento, nonostante le degenerazioni del socialismo reale e l’impostazione antisionista della sinistra odierna. In questo Goldkorn, riscopre l’eredità del Bund, coloro che ritenevano che si potesse vivere ovunque da uomini e donne libere, senza necessariamente avere una patria – il poco che rimase nel dopoguerra del Jewish Labour Bund riconobbe comunque lo Stato di Israele, dove tutt’ora, a Tel Aviv, è attivo uno degli ultimi circoli.
E poi emerge l’aporia, il vuoto della Shoah. Qual è il suo ruolo nella società attuale? Innanzitutto, scrive Goldkorn, “la memoria va usata, strumentalizzata, giocata politicamente: anche la memoria della Shoah. […] Essa può servire a difendere gli oppressi, i derelitti, coloro cui il potere toglie persino la voce”.

Francesco Moises Bassano

(20 maggio 2016)