permanenza…
Dopo aver sottolineato la Kedushà, sacralità dei Coahnim e la Kedushà, sacralità delle feste, la parashà di Emòr, letta lo scorso Shabbat, ci indica al capitolo 24 due cerimonie legate al concetto di Tamìd, il Sempre. La prima, l’illuminazione perpetua dei lumi della Menorah e la seconda, la deposizione dei 12 pani, Lechem ha Panìm, su un tavolo di fronte all’Eterno, “Tamid”, in permanenza, e quindi del consumo di questi pani ogni Sabato da parte dei Cohanim, sacerdoti, dopo otto giorni di esposizione. A delle ricorrenze che richiamano una Kedushà estemporanea, la Torah fa seguire immediatamente un modello di permanenza dei valori nella successione temporale. La cosa più straordinaria è che questa idea di “perennità” ci viene espressa non come qualcosa di astratto ed etereo, ciò che spesso viene definita come la spiritualità ebraica, ma in occasione del pane degli uomini. Un pane vecchio che non si ammuffisce proprio perché si eleva in santità continua. Passando attraverso vari tavoli di progressivo pregio: marmo, legno bordato d’oro, oro e in ultimo le bocche dei Cohanim, i consumatori di questo pane. Una durata senza usura, quindi, anche per le cose “vecchie”!
Roberto Della Rocca, rabbino
(24 maggio 2016)