Qui Milano – Jewish in the City Comunità, 150 anni in un Festival
Cresce l’attesa per Jewish in the City #150, il festival milanese di cultura ebraica alla sua terza edizione, tutta dedicata al centocinquantesimo anniversario dalla nascita della Comunità ebraica di Milano. La kermesse torna dunque con nome leggermente variato, uno spostamento stagionale a primavera, dal 29 al 31 maggio, e anche un tema leggermente diverso rispetto ai primi due anni, dedicati ognuno a una festività del calendario ebraico, ma con la stessa volontà di descrivere con successo l’ebraismo “nelle sue varie espressioni”, come ha ricordato il direttore scientifico Roberto Della Rocca. In una tre giorni di spettacoli, lezioni di cucina, film e momenti di confronto, il festival ripercorrerà dunque la storia della Kehillah, ma – il monito degli organizzatori – mantenendo sempre uno sguardo al futuro. Fondamentale per Della Rocca, come ha scritto sul numero attualmente in distribuzione di Italia Ebraica, “offrire uno sguardo di insieme su una tradizione spesso travisata perché mediata dalla conoscenza pregiudiziale di altre ottiche culturali”.
Jewish in the City #150 aprirà domenica alla Rotonda della Besana con la Tavola di Comunità, aperta a tutti nel grande porticato circolare per degustare piatti kasher. Gli organizzatori hanno dunque scelto di dare il via al festival con una giornata di festa, in cui la Comunità apre simbolicamente le sue porte alla città con un momento conviviale, al quale parteciperanno tra gli altri don Pier Francesco Fumagalli, vice prefetto della Biblioteca Ambrosiana, Roberto Maroni, presidente della Regione, Francesca Balzani, vicesindaco del capoluogo lombardo. Nel corso del pranzo interverranno poi, introdotti da Ferruccio De Bortoli, presidente di Longanesi e della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, Raffaele Besso e Milo Hasbani, co-presidenti della Comunità ebraica, Roberto Jarach, viceresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, e Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano.
Numerosi gli appuntamenti della primo giorno del festival, tra cui un momento di riflessione con il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni sulla Comunità e sull’identità ebraica nella Diaspora. Un pensiero sarà poi rivolto ai Giusti con la posa di una targa alla sinagoga centrale idi via della Guastalla in collaborazione con Gariwo. La giornata si chiuderà infine con la proiezione speciale del film “MI-Jew 150” del regista Ruggero Gabbai, che insieme a un pensiero del rav Della Rocca introdurrà al teatro Franco Parenti uno spettacolo in esclusiva per jewish in the City, intitolato “Qohelet”, con l’attore Elia Schilton.
Radici identitarie
Negli ultimi tempi si assiste sempre più pressantemente in ambito ebraico, e parallelamente nella nostra civiltà in generale, al bisogno di riscoprire le proprie radici culturali e di rielaborare la propria identità. Questo fenomeno ha alimentato la necessità di organizzare convegni e giornate di studio sui grandi temi dell’ebraismo, rivolgendo una particolare attenzione alle problematiche della società contemporanea. Il Festival Jewish in the City è stato e continua ad essere in questo senso un’occasione di approfondimento culturale di dimensione internazionale, di confronto fra la comunità ebraica e la società circostante, in cui si affrontano temi e problemi di grande interesse e attualità, che nel loro insieme costituiscono un campionario di tanti possibili modi di articolare i rapporti tra pensiero ebraico e una certa tradizione culturale occidentale. Di questa cultura, quella ebraica, che, nei suoi molteplici aspetti, è divenuta di recente un argomento di largo consumo, deve essere percepito, al di là dell’emotività del fenomeno, l’impegno costante al dialogo e al confronto. In un momento di grandi mutamenti e sconvolgimenti, in cui intolleranza e incomunicabilità sembrano troppo spesso avere la meglio, è necessaria una maggiore conoscenza dell’altro. Obiettivo di tale cultura è, infatti, quello di offrire uno sguardo di insieme su una tradizione spesso travisata perché mediata dalla conoscenza pregiudiziale di altre ottiche culturali. Questa può assolvere un compito di grande importanza: affermare l’esigenza di risalire alle fonti tradizionali ebraiche, spesso rimosse dall’ideologia occidentale, di esplorare i rivoli di questa tradizione che, pur relegata nella sua alterità, non ha mai smesso di accompagnare nel suo percorso la cultura dominante, di alimentarla e di esserne alimentata, confrontandosi con essa. Ma è altresì necessario far capire che la tradizione ebraica è un insegnamento vivo e non una reliquia del passato, che l’ebraismo dà voce a problemi perenni e in tal modo è cultura dell’uomo moderno animandolo di un pensiero che è sempre attuale, impegnato nella ricerca di risposte che pongano l’esistenza all’insegna dei valori più alti dell’umanità.
Rav Roberto Della Rocca, direttore scientifico di Jewish in the City