donne…

Leggendo le esternazioni di una autorevole vedova in nero contro le giuste proteste sull’ipotesi di una strada dedicata alla memoria del nero marito, mi sono chiesto il senso del titolo di “Donna”.
Se nel mondo dell’araldica e di una certa nobiltà il titolo di “Donna” affonda le proprie radici nella notte dei tempi dei diritti elitari ed ereditari, nel mondo contadino e popolare del Sud Italia, ma non solo in quello, il titolo di “Donna” ha il sapore di rispetto e di riguardo, di sottomissione e di educazione.
Nel suo lavoro sugli usi e costumi dei contadini siciliani del 1897, Salvatore Salomone Marino scrisse: “Alla moglie del burgisi spetta, come a quella dell’artigiano il ‘Gnura (Signora) che è proprio di queste due classi, essendochè solo alle ricche tocca il Donna.”
Se per Marino si tratta di una scelta di censo, in realtà Donna è il titolo con il quale nel Sud ci si rivolge a tutte coloro che rappresentano un esempio, che hanno un ruolo sociale, che esprimono, con la loro sola presenza, un intero mondo etico.
Ecco che “Donna Giulia” è colei che è figlia della nobiltà, “Donna Maria” l’anziana signora saggia del quartiere, “Donna Tina” la venditrice di frutta, autorità indiscussa del mercato, “Donna Giuseppina” la pescivendola, autorità indiscussa del mondo ittico e quindi comprendo meglio che esista anche “Donna Assunta”, la vedova in nero della quale ho letto le assurde esternazioni.
Mi consolo pensando al capitolo 31 del libro dei Proverbi, dove senza alcun titolo, si celebra la Donna di Valore.

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino

(27 maggio 2016)