Qui Milano – Jewish in the City
Le Comunità della Diaspora,
le vie di un futuro da costruire

IMG_20160529_180837 Di radici ma anche delle sfide future dell’ebraismo italiano ed europeo si è parlato nella prima giornata di Jewish in the City, il festival di Milano dedicato alla cultura ebraica. Tra gli appuntamenti, l’intervento in sinagoga centrale di rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, che, introdotto dal rabbino capo di Milano Alfonso Arbib, ha dialogato con la giornalista della trasmissione di Rai 3 “Uomini e profeti” Gabriella Caramore, sul tema “Comunità in dialogo”. Temi ulteriormente approfonditi nel corso dell’incontro subito successivo, intitolato “Identità e diaspora”, a cui hanno partecipato il demografo dell’Università Ebraica di Gerusalemme Sergio Della Pergola, la storica Diana Pinto, e la consigliera della European Union of Jewish Students Talia Bidussa, moderati dal presidente dell’Associazione Medica Ebraica a Milano David Fargion. Una giornata ricca di stimoli poi conclusasi al teatro Franco Parenti con la proiezione del film Mi-Jew di Ruggero Gabbai, sulla storia della Comunità milanese e il suo presente, e lo spettacolo “Qohelet, riflettendo con la Comunità” con letture dell’attore Elia Schilton accompagnate da danze, introdotto da una riflessione del rav Roberto Della Rocca, direttore scientifico del festival. “La Comunità si basa sul concetto della complementarità – ha detto – in cui ciascun individuo porta un messaggio unico e rappresenta un colore diverso che si aggiunge a una vasta gamma. Esserne membri – ha proseguito Della Rocca – significa sentirsi eredi di un destino che supera la nostra individualità e ci fa il dono della continuità”.
IMG_20160529_212715 “Ogni volta che manca il dialogo e con esso il dibattito critico è come se ci si trovasse al buio, poiché come al buio non si riesce a distinguere nulla, tutto sembra uguale”, ha sottolineando Arbib introducendo il tema dell’incontro. “Per questo è fondamentale provare a fare in modo che le persone si pongano delle domande – il suo monito – e che provino anche a darsi delle risposte, e non ripetano solo vuoti slogan”. Di Segni si è quindi soffermato sui maggiori temi dell’attualità su cui il dibattito dell’ebraismo è al momento aperto, passando da quello del dialogo interreligioso a quello interno tra le diverse anime del mondo ebraico, dalle varie opinioni sui grandi temi della bioetica alle incertezze sulla situazione politica, l’equilibrio mediorientale e il futuro delle Comunità della Diaspora. Come considerazione generale, il rav ha sottolineato il fatto che “se un tempo il contributo dell’ebraismo alla società italiana era maggiormente legato agli aspetti della giustizia e della lotta antifascista, adesso è passato a essere più valoriale, con la forza della nostra tradizione messa al servizio della società collettiva”. Sul dialogo con le altre religioni ha invece osservato la necessità di scegliere con cura i propri interlocutori soprattutto all’interno del mondo musulmano e di ricordare i valori condivisi ma anche le differenze, e ha espresso il suo invito alle Comunità ebraiche a costituire un “nucleo forte e coeso, che studia i suoi valori e li mette in pratica”.
IMG_20160529_171943 Il futuro delle Comunità ebraiche è stato anche il tema dell’incontro successivo, nel corso del quale Della Pergola ha sottolineato il “grande pluralismo, che si manifesta sia in Israele, la Comunità più dinamica del mondo, sia nella Diaspora, con un dosaggio di ingredienti socio-economici e valoriali diversi che di volta in volta danno quindi prodotti diversi”. Ciò che rimane fondamentale è per lui il fatto che esista ancora oggi un “perno unificante, costituito dal riconoscersi tutti in qualcosa di comune, un senso di popolo che in ebraico è chiamato ‘amiut'”. Per quanto riguarda la loro posizione geografica, Pinto si è detta convinta che “l’ebraismo sarà sempre dove sono gli ebrei”, e se fino a un po’ di tempo fa si parlava molto del rapporto tra Israele e la Diaspora, oggi questa dicotomia si è affievolita. Al momento, ha quindi osservato Pinto, l’ebraismo europeo, e in particolare quello della Francia dove lei vive, è molto concentrato sulle angosce legate alla minaccia antisemita, sintomo secondo lei di un generico disagio della società, testimoniato ad esempio anche dallo scenario delle elezioni statunitensi. A fronte di questi problemi, Bidussa ha però riscontrato l’esistenza di una attività giovanile fervente, testimonianza secondo lei di un loro desiderio di vivere in Europa, un contesto sempre più internazionale. Un segnale positivo, ha concluso, poiché dimostra che “non esiste dunque solo un dato preoccupante ma anche una reazione da parte dei giovani viva e pronta, e su quella bisogna costruire”.

(30 maggio 2016)