Qui Milano – Jewish in the City
Tra integrazione e cittadinanza
L’identità, l’educazione ai valori ebraici e la loro commistione con quelli di altre culture. Tutti questi sono stati tra i temi affrontati nel corso del festival culturale milanese Jewish in the City, attraverso i numerosi appuntamenti della seconda giornata svoltasi in vari luoghi della città. Tra questi, la conferenza alla Fondazione Corriere della sera intitolata “Formazione e cittadinanza”, moderata dal curatore del festival rav Roberto Della Rocca, con la preside della scuola ebraica di Torino Sonia Brunetti, l’insegnante di storia e filosofia alla scuola ebraica di Milano Mino Chamla, il segretario della Fondazione per le Scienze Religiose Alberto Melloni, Lucia Castellano, dirigente generale dell’amministrazione penitenziaria e Andrea Tagliapietra, professore all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Contemporaneamente alla Sinagoga centrale si svolgeva l’incontro su “Il modello di integrazione ebraica in Italia. Il punto di vista halachico, storico e sociologico”, con il rabbino Avraham Hazan, amministratore delegato di Euro Kosher, la sociologa del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea Betti Guetta, lo storico Alberto Cavaglion e il presidente del Bené Berith Italia Paolo Foà. L’Associazione Medica Ebraica ha infine proposto un convegno su “Italia-Israele. I ponti dell’innovazione medico-scientifica”, con il presidente Giorgio Mortara, il presidente dell’Ame Milano David Fargion e vari medici ed esperti.
Se la fede per l’ebraismo, come ha osservato il rav Roberto Della Rocca, “non è soltanto un dono divino o uno stato di grazia, bensì un percorso di fiducia che coincide con un’educazione”, quali sono i processi che avvengono nella formazione? Qual è il rapporto della fede con la cittadinanza? E ancora, quali sono le lezioni che se ne possono trarre per elaborare modelli per il futuro? Questi e molti altri gli interrogativi alla base dell’incontro moderato da Della Rocca e intitolato “Formazione e cittadinanza”, svoltosi ieri sera alla Fondazione Corriere della Sera nell’ambito del festival culturale milanese Jewish in the City, alla sua seconda giornata. Sul ruolo della scuola hanno riflettuto Sonia Brunetti, preside della scuola ebraica di Torino – frequentata da studenti ebrei e non ebrei, “la cui crescita personale e scoperta delle proprie radici avviene in un costante scambio e confronto gli uni con gli altri” – e Mino Chamla, professore di storia e filosofia alla scuola ebraica di Milano, il quale ha osservato come ogni passaggio dell’educazione ebraica sia “drammatico e complesso, poiché la posta in gioco è altissima, e cioè creare individui”. Una consapevolezza fondamentale anche per l’amministrazione pubblica, come ha sottolineato Lucia Castellano, dirigente generale dell’amministrazione penitenziaria, poiché “ogni persona umana è una risorsa e un patrimonio, e allora anche la cittadinanza è un patrimonio”. Una sfida particolarmente importante in un momento di rinascita di ideologie fasciste e antisemite in Europa, ha osservato Alberto Melloni, segretario della Fondazione per le Scienze Religiose, e allo stesso tempo complessa, “poiché educare alla pace e alla religione è molto difficile e in Italia vi è una certa arretratezza in questo campo”. Secondo Andrea Tagliapietra, professore all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, è dunque necessario un lavoro di riflessione, che permetta di comprendere “se riusciremo ancora a lungo a mantenere il modello attuale anche per il mondo futuro, poiché basato su principi distillati dalla rivoluzione francese e dunque sull’illuminismo”. Il convegno si è quindi concluso con una lettura di “Rachele si arrabbia con Dio” di Stefan Zweig a cura di Mia Benedetta.
La mattinata della seconda giornata di festival è invece stata dedicata all’analisi dello stretto rapporto di collaborazione tra Israele e l’Italia a livello economico e culturale, e in particolare in campo scientifico e medico. A ripercorrere le tappe è stato l’incontro organizzato dall’Associazione Medica Ebraica alla Sinagoga centrale, intitolato “Italia-Israele. I ponti dell’innovazione medico-scientifica”. “Le azioni intraprese negli anni, anche se inizialmente non seguivano un piano strategico ben preciso, sviluppato solo dopo, hanno riguardato tra le altre cose la ricerca e lo sviluppo, il knowledge managment e la condivisione di tecnologie e best practice con riferimento all’assistenza sanitaria e ai servizi, e la cooperazione internazionale per iniziative a favore della pace in Medio Oriente”, ha spiegato il presidente Ame Giorgio Mortara, che insieme al presidente della sezione milanese dell’Associazione David Fargion ha offerto una panoramica storica generale. Per parlare di numeri, è stato spiegato che nel ventennio tra il 1990 e il 2010 sono stati portati a termine più di cinquanta progetti di ricerca principalmente in campo oncologico, delle neuroscienze e dell’impiego delle cellule staminali. A fornire esempi concreti dei frutti di tale florida cooperazione nei rispettivi campi di lavoro, sono quindi intervenuti il cardiologo Maurizio Turiel, Paolo Barbanti, che attualmente svolge attività di consulente di direzione aziendale lavorando direttamente a contatto con aziende ed istituzioni di ricerca, e l’odontoiatra Silvio Taschieri.
(31 maggio 2016)