Ticketless – Visionari sardi
Circa 150 Ticketless fa scrissi su Emilio Lussu, gli ebrei e i sardi. La cosa più bella al Salone del Libro quest’anno era la mostra dei manoscritti dei Quaderni dal carcere di Antonio Gramsci, accompagnata dall’altra, Visionari sardi, nello stand di Regione Sardegna. Domenica mattina, non c’era gente a visitare le due esposizioni. Una trentina di anni fa si recitavano passi dei Quaderni come il Vangelo (o la Torah, per gli intellettuali ebrei del PCI). Studiato in tutto il mondo, da noi Gramsci è diventato un Visionario Signor Nessuno. I più ingiusti siamo noi, che ci occupiamo di antisemitismo durante il fascismo. Lui che il regime l’aveva conosciuto, e combattuto, pagando caro prezzo, è diventato un testimone innominabile per aver sostenuto 1) che l’antisemitismo politico nell’Italia liberale è irrilevante 2) che negli anni Trenta non era in atto un processo di nazificazione. Per aver sostenuto idee reazionarie di tal fatta, la storiografia ha collocato Gramsci a destra di Renzo De Felice, ma si sa, gli schieramenti della storiografia sul fascismo, nel recente passato, sono sempre stati falsati dalla politica. Adesso che la fase del Terrore berlusconiano-finiano è passata, si tornerà a riflettere con serenità e rispetto intorno a un sardo che tanto visionario per me non era. Torna alla mente il passo di una lettera di Gramsci a Tania: “Al contrario dei cosacchi i sardi non distinguono gli ebrei dagli altri uomini!”. Le teche che custodivano i quaderni al Lingotto non consentivano purtroppo di ritrovare le pagine sul ghetto di Acqui, su Raffaele Ottolenghi, sulla figura dell’ebreo nel romanzo di appendice, sulla deprecatissima tesi della nazionalizzazione parallela, che nell’era del Terrore appena conclusasi veniva giudicata alla stregua del collaborazionismo puro.
Alberto Cavaglion
(1 giugno 2016)