L’astratta eguaglianza
“Lʼargomento corrente della tolleranza, per cui tutti gli uomini, tutte le razze sarebbero uguali, è un boomerang, in quanto si presta alla facile confutazione dei sensi; e anche la dimostrazione antropologica più rigorosa che gli ebrei non sono una razza, non cambia nulla al fatto che, nel caso di un pogrom, i totalitari sanno benissimo chi vogliono uccidere e chi no. […]
Che tutti gli uomini si assomigliassero, è proprio ciò che essa [la società] vorrebbe. Essa considera le differenze effettive o immaginarie come macchie ignominiose, che dimostrano che non si è ancora andati abbastanza avanti: che qualcosa è ancora sottratto al meccanismo, e non è ancora completamente determinato dalla totalità. La tecnica dei campi di concentramento tende ad assimilare i prigionieri ai loro custodi, a trasformare gli assassinati in assassini. La differenza razziale viene assolutizzata perché sia possibile procedere alla sua assoluta eliminazione, sia pure a costo di non lasciar sopravvivere nulla di diverso. Ma una società emancipata non sarebbe lo Stato unitario, ma la realizzazione dellʼuniversale nella conciliazione delle differenze. Una politica a cui questo stesse veramente a cuore, non dovrebbe propagare – neppure come idea – lʼastratta eguaglianza degli uomini.” (T.W. Adorno, Minima moralia. 1979, pp.114-115).
Francesco Moises Bassano
(3 giugno 2016)