minacce…
All’indomani del 2 giugno del 1946 gli italiani scoprirono che più della maggioranza dei votanti del Sud Italia avevano preferito la monarchia. Per anni, in molti luoghi napoletani, i monarchici organizzarono proteste, inizialmente anche violente, contro l’idea che l’Italia fosse divenuta una Repubblica. Dagli anni del 1950 fino ad almeno gli anni ’70 in molti circoli sociali e in molti ambienti alto borghesi e nobili non era raro che gli invitati ad una festa o a una mano di bridge tornassero a casa, con nascosto nelle loro tasche, un biglietto che diceva: “Ricordati che anche da Cascais il tuo Re ti guarda!”. Era questa una sottile e molto angosciante forma di protesta messa in atto dal movimento monarchico partenopeo per ricordare ai loro concittadini che il re non era sparito e il suo sguardo pesava ancora sul paese. Spesso si sceglie, per trasmettere le proprie ragioni, l’idea dell’angoscia, dell’inadeguatezza, del timore, della depressione. Spesso si pensa che la minaccia di uno sguardo d’altrove, che sia di un re di carne e sangue o del Re dei re dei re aiuti la crescita morale del pubblico e aiuti la autorevolezza di chi si proclama portavoce di quello sguardo e forse anche di Dio. Ma le minacce e gli anatemi non aiuteranno mai la spiritualità: “Un cuore lieto fa bene al corpo, uno spirito abbattuto inaridisce le ossa.” (Proverbi 17,22).
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
(3 giugno 2016)