VERSO SHAVUOT Tutti i numeri dei precetti
A proposito della Torah, che celebriamo a Shavuot, uno dei concetti più noti è che contenga 613 mitzvot, precetti. È una nozione tanto nota quanto problematica. Perché, ovviamente, la Torah non mette un numero progressivo alle sue regole. E se si prova ad andarle a contare il numero totale può essere molto variabile, perché concetti analoghi o ripetuti potrebbero essere compattati in un’unica norma o frammentati in più norme, oppure alcune cose potrebbero non essere considerate un precetto e così via. Su un numero molto più basso, quello delle dieci parole o comandamenti (qui è la Torah-Shemot 34:28- a dire che erano proprio dieci), già si pone il problema, perché se si contano le singole affermazioni si va ben oltre il numero di dieci. Lo stesso succede con i tredici attributi di Shemot 34:6, che per la tradizione rabbinica sono tredici ma vai a capire come si compattano. A maggior ragione con le 613 mitzvot. Questo numero, in modo sorprendente, il Talmud Babilonese lo dà solo due volte, una en passant in Yevamot 47b a proposito della conversione di Ruth, l’altra in Makkot 23b dove a parlare è R. Simlai (in altre fonti di midrash il nome del Maestro è diverso), che distingue ulteriormente i precetti in due gruppi: i divieti, che sono 365 come i giorni dell’anno solare, e gli obblighi a fare che sono 248 come “le membra dell’uomo”. Passi per i giorni dell’anno, ma che cosa sono le “membra”? Dovrebbero essere ossa singole, con i relativi muscoli, ma le ossa sono un po’ di meno, e allora che numero è? Qualcuno suppone che si tratti dello scheletro di un adolescente, dove alcune ossa non sono ancora saldate e quindi sembrano di più… Ma per tornare a R. Simlai, da dove gli viene il numero 613? La risposta: dal valore numerico della parola Torah. Ma fate il conto e viene 611. Insomma, come si vede ognuno di questi insegnamenti tradizionali si presta a obiezioni e risposte infinite e sembra fatto apposta non per chiudere il discorso e dare una regola, ma per sollevare la discussione. È il gusto della Torah, accettazione e spirito critico.
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma
Pagine Ebraiche, giugno 2011