Cancellare l’altro
Continuerò a non capire come una lotta nazionale per la propria autodeterminazione – o di rivendicazione di un territorio – la quale mira prevalentemente ad annientare l’altro, e a considerarlo in toto (chiunque esso sia, e di qualunque età o colore) come un usurpatore e un nemico, possa trovare così ampio e pieno consenso nel mondo e soprattutto nella sinistra internazionale. Senza se e senza ma. La “resistenza” palestinese è assurta a simbolo di lotta, ed in ogni manifestazione anche semplicemente contro la riforma del lavoro in Francia, non mancano bandiere e simboli palestinesi. Poco importa, se all’inverso, il mondo arabo sia privo totalmente di una vera tradizione di sinistra, e anche il tanto elogiato FPLP vanti stretti rapporti con Hamas e con il terrorismo. Se la pace è lontana, e quindi neanche desiderata, la colpa è anche di chi in Occidente continua ad utilizzare nel dibattito israelo-palestinese la retorica oppresso/oppressore, a considerare anche il terrorismo come mezzo di liberazione “anti-imperalista”, a guardare l’israeliano come il “colono”, o a utilizzare la propaganda e l’odio per diffondere le ragioni della parte migliore.
I curdi per esempio a differenza dei palestinesi, cercano di convogliare nel loro progetto di costituzione di un focolare nazionale anche i turchi e gli arabi, che pure li hanno conquistati e perseguitati. Sembra accertato che nella società palestinese invece, manchino degli interlocutori validi con cui trovare una soluzione o un compromesso, qualcuno che non si faccia problemi a condannare un attentato terroristico o a stabilire dei limiti nelle proprie rivendicazioni; a differenza di ciò che accade in Israele, dove al di là di alcuni politici e di una minoranza, c’è una parte importante della popolazione e dell’opinione pubblica che crede ancora nella pace e nell’incontro reciproco, o che è disposta a criticare costruttivamente il proprio governo. Non rimarco questi paragoni perché ritengo che i palestinesi siano tutti dei fanatici imbevuti di odio e violenza pronti a farsi saltare in aria, ma perché credo che la società palestinese sia essa stessa vittima di una chiusura, di un omologazione e di un totalitarismo di fondo.
Un aneddoto: quando avevo 14 anni, ed ero un inconsapevole con idee più puerili e molto più radicali di adesso, esposi alla finestra di camera mia una bandiera palestinese; mio padre mi impose di toglierla, egli percepì essa come un’offesa nei confronti delle nostre origini familiari. “Se proprio vuoi lasciarla affiancala ad una bandiera israeliana”. Forse il problema sta proprio qui, nel prendere una posizione l’altro non viene mai incluso se non come antagonista.
Francesco Moises Bassano
(10 giugno 2016)