La Germania e le radici dell’odio
La Storia che distrugge le falsità

1b_IfZ_Mein-Kampf_Edition-Frontansicht L’avvicinarsi dello scadere dei diritti d’autore del Mein Kampf di Adolf Hitler il 1 gennaio del 2016, passati settant’anni dalla sua morte, ha messo ancora una volta la Germania di fronte alla necessità di fare i conti con il suo passato. La domanda cruciale era: cosa fare dell’opera in cui emergono già così chiari nel 1925 i temi della razza, dell’antisemitismo e della dittatura, nel momento in cui torna liberamente in circolazione? La scelta era tra la condanna a una damnatio memoriae praticamente impossibile o un ribaltamento totale del suo ruolo, da manifesto dell’ideologia di un regime totalitario a monito per un futuro di democrazia. E dunque così è stato, la strada per cui si optato è stata quella di analizzare alle radici il testo e decostruirlo. A mettere in atto questo progetto l’Institut für Zeitgeschichte, l’Istituto di storia contemporanea, di Monaco, la cui squadra di storici ha curato una nuova edizione del Mein Kampf, tornato per la prima volta nelle librerie tedesche accompagnato da un poderoso apparato di note che contestualizzano e spiegano praticamente ogni parola duplicando le dimensioni del volume. Una visione condivisa anche dal Zentralrat der Juden in Deutschland, la massima rappresentanza ebraica tedesca, il cui presidente Josef Schuster si è detto fiducioso che la nuova edizione possa – con le sue 2 mila pagine e 3500 note a pié di pagina costate 3 anni di lavoro – “gettare luce e demistificare questo libro”. La reazione del mondo ebraico, come avviene nella stragrande maggioranza dei casi, non è tuttavia stata unitaria, e alcune altre organizzazioni ebraiche avevano remato fortemente contro. Il giorno dell’uscita del libro, l’8 gennaio, il presidente del World Jewish Congress Ronald Lauder aveva ad esempio dichiarato che la nuova edizione non aiuterà secondo lui nella lotta contro l’odio e “dovrebbe essere lasciata nel ripostiglio dei veleni della Storia”. Ma ormai il Mein Kampf è tutto tranne che chiuso in un ripostiglio, dal momento che l’Istituto ha fatto sapere poco dopo che solo in quel primo giorno gli ordini, arrivati in un numero di 15 mila, avevano superato di quattro volte il numero di copie stampate, circa 4 mila, e a oggi il numero di copie vendute ha toccato le 55 mila.
Per Christian Hartmann, lo storico a capo della squadra che ha curato la nuova edizione del Mein Kampf, la Germania, divenuta una salda democrazia, è “matura per confrontarsi con questo libro”. Hartmann, che si è detto “a tratti disgustato” dai contenuti dell’opera, ha spiegato che “è stato giusto non pubblicarlo subito dopo la Seconda guerra mondiale, quando la società tedesca sarebbe stata ancora troppo influenzabile. Ma oggi – ha sottolineato – questo divieto non è più plausibile e non lo è più da molto tempo. Questo libro gira il mondo, non è neanche un problema tedesco, è un problema internazionale”. Di certo le copie ancora in circolazione sono molte, come molte sono le edizioni non autorizzate. “Credo che questa nuova edizione sia qui anche per contrastare quelle edizioni”, ha affermato in proposito il direttore dell’Istituto di Monaco Andreas Wirsching.
Tutt’altra questione rimane la lettura del Mein Kampf nelle scuole, contro cui le Comunità ebraiche tedesche si sono fin da subito schierate fermamente entrando in polemica con l’associazione degli insegnanti, che vorrebbero utilizzarlo per “allontanare i giovani dall’estremismo politico”. Di nuovo c’è subito stata intesa anche con Hartmann: “Una versione scolastica del libro non è una buona idea – aveva affermato – benché esso sia destinato in primo luogo agli insegnanti”. Nonostante questi pareri negativi, la lettura scolastica del volume sta già diventando realtà, poiché il ministero dell’Istruzione bavarese ha dato il via libera nelle scuole della regione. L’obiettivo è quello di mettere a disposizione degli insegnanti una sintesi ragionata accompagnata a una specifica formazione per l’eventuale discussione in aula – ma solo con studenti di età superiore ai 14 anni, e ogni istituto e ogni docente sono liberi di scegliere se portarvi il testo. Si pensa che questo possa aiutare a sensibilizzare i giovani e condurli a prendere le distanze non solo dal razzismo espresso dal dittatore, ma anche dall’ideologia dell’estrema destra attuale, che guadagna consensi in Germania.
Non è d’accordo Charlotte Knobloch, già presidente del Consiglio centrale ebraico tedesco, la quale ha fortemente contestato la decisione in quanto secondo lei “l’odio antisemita del testo di Hitler” non può venire considerato come uno degli “elementi fondamentali per l’insegnamento”. L’iniziativa è stata invece accolta favorevolmente dalla BlIv, l’associazione bavarese dei docenti, e all’interno del parlamento regionale anche i Verdi hanno approvato l’operazione. Il primo corso di preparazione si è dunque già tenuto a metà aprile e altri ne seguiranno, mentre gli studiosi stanno ancora elaborando il testo sintetico che potrebbe essere pronto per settembre.

f.m. fmatalonmoked

(10 giugno 2016)