Periscopio – La vera ragione
La decisione de “il Giornale” di regalare gratuitamente ai lettori, come grazioso gadget, una copia del Mein Kampf, è già stata abbondantemente commentata, in Italia e all’estero, e c’è poco da aggiungere a quanto è stato detto riguardo a tale incredibile scelta, che, per la sua assoluta irresponsabilità, non può non suscitare la più ferma condanna ed esecrazione. Essa rappresenta un ennesimo, sinistro segnale dell’inarrestabile degrado dei tempi che viviamo. In passato, se un signore rispettabile voleva comprare in edicola una rivista pornografica, usava infilarla furtivamente in un giornale normale, per non farla vedere, ma il tempo di queste ipocrisie è superato, le riviste porno si possono esibire con naturalezza, anzi, vengono regalate gratis, anche ai bambini.
Del tutto fuori luogo l’evocazione, che da qualcuno è stata fatta, della censura, che non c’entra assolutamente nulla. Nessuno intende censurare il Mein Kampf, che è un documento storico di indubbio valore, e deve essere letto e studiato, per cercare di capire cos’è accaduto. Ma regalarlo gratis, senza alcun filtro, fuori da qualsiasi percorso di conoscenza e riflessione, è cosa del tutto diversa, ed è del tutto evidente che tale operazione va a solleticare le più basse e pruriginose curiosità di un pubblico non attrezzato, che andrà a leggere le deliranti farneticazioni di Hitler mischiandole alla rissa politica italiana e alle consuete contumelie del nostro teatrino, che – del tutto legittimamente, sia chiaro – pervadono le pagine del quotidiano, che non brillano certo per pacatezza e distacco. I lettori leggeranno così distrattamente le pagine del libro in omaggio insieme a quelle della cronaca politica contemporanea, gli insulti a Renzi si intrecceranno a quelli alla sottorazza ebraica, e le esortazioni alla conquista del Comune di Milano si mischieranno ai proclami per la costruzione del Reich millenario, con evidenti benefici per la cultura, la coscienza civile, la sensibilità democratica del popolo italiano.
Ma l’operazione del Giornale solleva delle considerazioni ulteriori, dovute al fatto che la testata si distingue, da sempre, per le sue posizioni filoisraeliane, espresse, in particolare, com’è noto, nei pregevoli articoli di Fiamma Nirenstein, una delle pochissime voci del nostro panorama giornalistico schierate a difesa dello stato ebraico, contro la violenza dei suoi nemici e l’ipocrisia del mondo. Di questa testimonianza non si può che essere grati alla Nirenstein e anche al giornale che ne ospita la parola. E non c’è dubbio che l’accostamento delle due cose – la difesa di Israele e il regalo del Mein Kampf – crea un corto circuito imbarazzante. Devo dire che non mi trovo d’accordo con alcuni commenti che hanno evocato queste posizioni filoisraeliane del quotidiano come una sorta di esimente per l’improvvida scelta del gadget, quasi come un attestato di anti-antisemitismo, così come non mi convincono alcune classifiche, che pure sono state fatte, sul differente livello di pericolosità della diversa propaganda antiebraica (secondo cui, per esempio, l’antisemitismo islamico sarebbe oggi più attuale e pericoloso del vecchio antisemitismo nazista). Trovo questi discorsi fuori luogo, in quanto non dovrebbe mai esserci nessuna esitazione e nessun distinguo di sorta nel combattere, sempre e dovunque, senza nessuna classifica e gerarchia, ogni forma di razzismo e antisemitismo, di qualsiasi colore e sotto qualsiasi travestimento, che si tratti di fascismo, comunismo, cattolicesimo, islamismo, radicalismo, populismo ecc. Non è vero che, se l’attacco principale viene, in un dato momento, da una certa parte, bisogna allora concentrasi solo su quel fronte, lasciando perdere gli altri. Sarebbe sbagliatissimo solo pensarlo. L’antisemitismo è uno, è sempre lo stesso, anche se i suoi vestiti sono tanti.
Sorge piuttosto una domanda per il direttore del Giornale: qual è la vera ragione politica, culturale o ideale – se ce n’è una – per le posizioni della testata a difesa di Israele? Tale difesa si inserisce in una cornice generale di difesa dei diritti, della giustizia, della democrazia, contro ogni forma di violenza, di razzismo, di intolleranza, di antisemitismo, di ogni tipo e ogni colore? Oppure è collegata al fatto che Israele sarebbe oggi considerato un “baluardo dell’Occidentale” e una “cosa di destra”, così da diventare automaticamente, in quanto nel mirino dell’estremismo islamico e di larga parte della sinistra radicale, una bandiera di chi è schierato contro l’Islam e contro la sinistra? Levata la polemica anti-islamica e anti-sinistra, resta qualcosa della solidarietà per Israele, o sparisce tutto?
Francesco Lucrezi
(15 giugno 2016)