RiMEIScolando
A Ferrara, e non solo

simonetta della setaGrazie a un libro davvero speciale per i suoi contenuti e le sue vicende, sto assaporando riga per riga la storia degli ebrei di Ferrara. Lo studio storico sugli ebrei ferraresi (Storia degli Ebrei di Ferrara, dalle origini al 1943, Belforte, Livorno 2015) è opera di Silvio Magrini, fisico, combattente volontario nel Genio e Croce al Valore durante la Prima Guerra Mondiale, fu a lungo presidente della Comunità Ebraica ferrarese, deportato ad Auschwitz nel febbraio del 1944.
Il nipote Andrea Pesaro, attuale presidente della Comunità di Ferrara e curatore del volume, racconta di aver trovato lo scritto originale del nonno durante un trasloco interno alla casa materna. “Fogli dattiloscritti su carta sottile.. fittamente annotati e corretti con una scrittura minutissima a penna e matita”. Nel ricordo del nipote, che mi ha fatto omaggio del volume come benvenuto a Ferrara, l’immagine del nonno “è quella di un uomo mite ma severo, con un grandissimo attaccamento alla famiglia e con una vita trascorsa tra i suoi impegni di professore all’Università di Bologna, dove insegnava elettromagnetismo nella Facoltà di Fisica, di partecipe alla comunità ebraica, di conduzione della azienda agricola, con una visione della vita fortemente moderna, dinamica e con forti contenuti morali”. Tratti che emergono anche dalla lucida e chiara esposizione dell’articolato racconto ebraico ferrarese, popolato di personaggi che prendono vita, corredato di dettagliate descrizioni ambientali e valorizzato da puntuali citazioni di documenti d’epoca.
In queste pagine si incontrano, tra molti altri, Isacco Abarbanel, Samuel Usque, Doña Gracia Nassì, Isacco Lampronti, Graziadio Coen. Uomini e donne devoti nei secoli alla causa ebraica in generale, e anche alla loro comunità. Uomini e donne aperti a scambi con il mondo non ebraico, in epoche di apertura, come quella degli Este, ma anche in periodi assai più bui. Una stratificazione di devozione, intraprendenza, resistenza, iniziativa, accoglienza. Fa effetto leggere come gli ebrei che erano a Ferrara dal 1300 accolgono i fuggitivi dalla Spagna e dal Portogallo, e come i lusitani si integrino abbastanza presto nel tessuto ebraico della città, per accogliere nel tempo anche ebrei tedeschi, ebrei romani, confratelli anconetani. Questa straordinaria integrazione non evita ovviamente conflittualità personali, professionali e istituzionali in seno alla comunità: ma questa è una caratteristica tipica della grande famiglia ebraica. Seguendo queste storie intrecciate di una comunità che ha saputo, in un modo o nell’altro, perfino nel ghetto, farsi valere ed apprezzare dai proprio governanti, rifletto sul presente alla vigilia di elezioni per la dirigenza degli ebrei italiani. Nonostante le divergenze, che nell’oggi sembrano quasi incolmabili, voglio ricordare quanto sia bello e vivo il nostro ebraismo italiano e quanto sia stato in grado anche dall’ultimo dopoguerra ad oggi, di accogliere, integrare, arricchirsi ed arricchire. A Roma grazie agli ebrei libici, a Milano grazie agli ebrei persiani, egiziani, siriani, turchi, libanesi, a Firenze grazie ad ebrei stranieri che vi si sono fermati a vivere. Il dialogo è un bene prezioso. Gli ebrei di Ferrara, “vecchi” , “nuovi” e perfino contemporanei ce lo ricordano.

Simonetta Della Seta
direttore del Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah

(15 giugno 2016)