Milano – La Comunità incontra Parisi e Sala i candidati sindaco a confronto
Come garantire la sicurezza della Comunità ebraica a Milano, come isolare antisemiti e integralisti nella società così come quelli presenti nelle rispettive fila politiche, quale rapporto coltivare in futuro con Israele e Tel Aviv. Sono alcuni dei punti toccati durante il confronto che ha visto protagonisti, a poche ore dal decisivo voto di domenica, i due candidati sindaco per Milano Stefano Parisi (centro destra) e Giuseppe Sala (centro sinistra) alla presenza di molti iscritti alla Comunità ebraica della città. A organizzare il doppio incontro, il Bené Berith Milano, con il presidente dell’associazione Paolo Foà (che ha annunciato che il Bené Berith regalerà alla città diversi alberi come segno di attenzione verso l’ambiente) a porre le domande ai due candidati – intervistati nelle scorse settimane anche dalla redazione di Pagine Ebraiche -, intervenuti uno di seguito all’altro e separatamente. Protagonista del primo tempo, per così dire, Parisi che ha ribadito il suo impegno nel contrasto alla minaccia antisemita: “oggi c’è un rischio molto alto rispetto all’antisemitismo, si tratta di un problema europeo. Nella mia coalizione – ha aggiunto – ho voluto mettere subito dei punti molto fermi, affermando che c’è un margine di fondo invalicabile su questi temi”. Rispetto all’elezione al municipio di Zona 8 con la lista della Lega Nord – che appoggia Parisi – di un esponente di estrema destra, Parisi stesso non ha nascosto la sua contrarietà. “È inutile nasconderci, io ero contrario a quella candidatura tanto è vero che ho chiesto di non votare per lui. Preferisco perderli quei voti che averli, e così è stato sin dall’inizio anche con CasaPound. Purtroppo quel signore è stato eletto comunque”. Anche il candidato Sala, nel secondo tempo dell’incontro, è stato al centro delle polemiche per una candidatura, questa però al consiglio comunale, ovvero quella di Sumaya Abdel Qader. “Le esternazioni di alcuni suoi famigliari (filo Hamas) preoccupano la Comunità”, ha sottolineato Foà, parlando di Abdel Qader – che non ha preso le distanze in via ufficiale dalle parole della madre, nello specifico – e chiedendo al candidato del Pd garanzie sul contrasto all’integralismo islamico. “Abbiamo deciso di candidare Sumaya – ha spiegato Sala – perché rappresenta una figura in grado di dialogare con la Comunità islamica che a Milano conta 80mila persone. Non giustifico le parole espresse dai suoi parenti, anzi le condanno. In lei non ho trovato dichiarazioni inappropriate e comunque noi vigileremo sui suoi comportamenti. Tengo anche a ricordare che Sumaya è stata minacciata dagli integralisti islamici”. Sulla moschea, entrambi hanno ribadito le posizioni già espresse in passato, per Parisi è necessaria prima una legge nazionale che regoli queste situazioni in particolare la trasparenza dei finanziamenti. D’accordo su quest’ultimo punto Sala, che parla di moschee dalle pareti di cristallo, ma per il candidato Pd la moschea bisogna farla subito anche per sanare quelle situazioni irregolari che sono già una realtà a Milano.
Daniel Reichel
Di seguito le due interviste rilasciate a Italia Ebraica di maggio dai candidati di Milano Giuseppe Sala e Stefano Parisi
Sala: “Tel Aviv modello da imitare”
Beppe Sala“Gli ebrei milanesi sono una prova tangibile del fatto che è possibile integrarsi pur mantenendo la propria identità. Il loro contributo è stato fondamentale in molti momenti della storia della nostra città”. Così Giuseppe Sala, candidato sindaco del centrosinistra a Milano vede la minoranza ebraica all’interno del tessuto cittadino del capoluogo lombardo. “Milano ha dimostrato con Expo di essere la città italiana più internazionale e una comunità come quella ebraica è per sua natura portatrice di una cultura cosmopolita. ‐ continua Sala ‐ L’idea che abbiamo di Milano per il futuro è quella di rafforzare la vocazione internazionale della città facendola diventare una delle principali capitali d’Europa. Sono certo che la Comunità ebraica sarà in prima fila per fare in modo che questo obiettivo venga raggiunto”. Una città cosmopolita in cui ci si chiede se sia il caso o meno di fare una moschea. Per Sala la risposta è “certamente sì”: “Per realizzare questo progetto bisogna però che ci siano delle intese condivise che garantiscano la libertà di culto in un luogo sicuro per i fedeli e per tutta la cittadinanza. Non è ammissibile che ci possano essere moschee in scantinati che eludono le principali regole di convivenza civile”. Tracciabilità dei finanziamenti e rispetto delle leggi italiane sono alcuni dei presupposti che Sala indica come necessari per la realizzazione della moschea così come “credo anche che in ogni luogo di culto, di qualsiasi religione, il sermone debba essere pronunciato in italiano. Un luogo di culto non può diventare un luogo di propaganda politica”. Rispetto all’accoglienza dei migranti e le politiche fin qui messe in atto il giudizio è positivo. “Milano è riuscita a realizzare un piano d’accoglienza molto efficace e di grande aiuto umanitario. Anche il Memoriale della Shoah ‐ Binario 21 ha dato un grande e lodevole contributo nell’accogliere al suo interno moltissime famiglie”. Ognuno deve fare la sua parte, spiega Sala, e l’Italia sta facendo il suo. In ogni caso “l’immigrazione non si risolve alzando muri o mettendo fili spinati, tanto meno alleandosi politicamente con movimenti della destra europea che tradizionalmente sono antisemiti e razzisti. Nell’Europa di oggi non c’è posto per i rigurgiti di un tragico passato”. Molto positivo il giudizio sul gemellaggio con Tel Aviv, con il ricordo del viaggio fatto dal sindaco Giuliano Pisapia assieme al consigliere Ruggero Gabbai: “in quell’occasione – spiega Sala – Pisapia è rimasto molto colpito dalla ‘library’ di Tel Aviv dove il Comune mette a disposizione spazi, risorse economiche e umane per i giovani che iniziano una nuova attività in città”. Una bella idea da poter usare anche a Milano, sottolinea l’ex commissario di Expo, che poi rileva come le due città, pur essendo molto diverse, condividono “lo stesso spirito di libertà, modernità e vivacità economica”. Sui contatti con il mondo ebraico, Sala spiega di averne avuti diversi ma “tra le tante voglio ricordare in maniera particolare la visita commovente al Memoriale della Shoah, al Binario 21 della Stazione Centrale il 27 gennaio scorso, in occasione del Giorno della Memoria. Un luogo toccante, che ci invita a riflettere sui crimini e le sofferenze che il popolo ebraico ha dovuto subire nel secolo scorso e che tutti ‐ indipendentemente dal loro credo religioso ‐ dovrebbero visitare”.
Parisi:”In prima fila contro l’antisemitismo”
“Milano ha una grande tradizione rispetto alla presenza ebraica come dimostra il centocinquantenario della Comunità che cade quest’anno. Il suo contributo per la città, anche se il discorso vale per tutto il paese, tocca vari ambiti, da quello culturale a quello della libertà di pensiero a quello religioso. Un contributo straordinario che, tengo a sottolinearlo, non è politicamente strumentalizzabile”. A parlare il candidato sindaco del centrodestra a Milano Stefano Parisi che al giornale dell’ebraismo italiano sottolinea il valore di una minoranza come quella ebraica per la città. “E in un momento come questo dobbiamo impegnarci a tutelarla dalle minacce come l’odio antisemita e l’integralismo islamico”. E proprio a fronte di quanto è accaduto a Parigi e Bruxelles, con la radicalizzazione delle periferie, la Comunità ebraica locale chiede chiarezza e trasparenza su un grande tema cittadino: la costruzione di una moschea a Milano. Sul punto Parisi attacca la gestione dell’attuale amministrazione: “La giunta Pisapia ha fatto grande confusione e questa è una decisione che va presa avendo tutti gli elementi ben chiari. Prima di tutto serve una legge nazionale che permetta ai sindaci di verificare chi sono i finanziatori delle strutture e i sermoni devono essere in italiano. Noi siamo per la libertà di culto ma non possiamo fare finta che non esista un Islam politico che dobbiamo controllare. Tutti hanno diritto a luogo in cui pregare ma la sicurezza dei cittadini rimane una priorità”. Sul fronte migranti, Parisi parla di un possibile aggravarsi dell’emergenza proprio nelle settimane in cui ci sarà il cambio alla guida di Palazzo Marino e sostiene che a Milano “la situazione non è stata governata”, questo ha generato situazioni disagio e “una comprensibile paura e un rifiuto generalizzato da parte dei cittadini per l’immigrazione”. Un sentimento intercettato dalla Lega Nord che sostiene la lista di Parisi. Un legame criticato dai media in particolare per la passata vicinanza tra la Lega e Casa Pound. “Il passato è passato – ribadisce Parisi – La mia posizione sugli estremismi è chiara: ero in piazza il 25 aprile al fianco della Brigata Ebraica e al corteo di Milano c’erano anche esponenti della Lega. Sono impegnato in prima persona nella lotta all’antisemitismo ed è una battaglia a cui tengo molto. Ci vogliono risposte chiare”. Al gruppetto di sostenitori propal che aveva contestato proprio il 25 aprile la Brigata Ebraica e insultato Israele, il candidato del centrodestra aveva risposto: “Non dovrebbero manifestare, sono fascisti e antisemiti. Sono quattro gatti che hanno interrotto la bellezza del corteo”. Con Israele, peraltro, Parisi spiega di avere un legame particolare: “Mia moglie è israeliana e abbiamo una casa a Tel Aviv”. La Città bianca è gemellata con Milano e nel tempo è nata una collaborazione stretta tra le due realtà come dimostra la visita in febbraio del vicesindaco di Tel Aviv Mehereta Baruch Ron. “Conosco bene Israele e Tel Aviv, la sua ricchezza e vivacità e il rapporto con Milano è importante. Sarà sicuramente un impegno da portare avanti. Dall’altra parte non mi sembra che su questo punto ci sia un atteggiamento bipartisan”.