Qui Venezia – La memoria tra luci e ombre

lucieombre In occasione di Shavuot gli iscritti alla comunità ebraica di Venezia hanno ricevuto a casa la riedizione del volumetto Luci e ombre che il cavaliere Emilio Pardo scrisse più di cinquant’anni fa. Pardo visse gli anni della sua infanzia nel Ghetto e fu tra le persone maggiormente impegnate nel dopoguerra a ricostruire la Comunità ebraica di Venezia. Stimato segretario del Circolo Ebraico Veneziano Cuore e Concordia, fu assiduo frequentatore della Scola Spagnola, di cui divenne parnas.
“Come Comunità ebraica – ha spiegato il presidente Paolo Gnignati – proprio in questi mesi di rievocazione dei 500 anni dall’istituzione del ghetto, abbiamo voluto dare spazio anche alla nostra memoria più intima. Grazie al lavoro del direttore della biblioteca Renato Maestro, Gadi Luzzatto Voghera e al consigliere Paolo Navarro Dina, è stata individuata una piccola casa editrice “Il Prato” che si è resa disponibile per la ristampa del volume di Pardo”. Un’iniziativa che ha visto la collaborazione di due benemerite associazioni della Comunità: il Circolo Veneziano “Cuore e Concordia” e l’Adei – Wizo di Venezia che hanno generosamente contribuito a questa piccola operazione di recupero della memoria. Un ringraziamento particolare è stato inoltre dedicato a Umberto Fortis che si è occupato della redazione del saggio introduttivo al volume e che ha fornito alcuni preziosi documenti fotografici dal suo archivio personale.
Nel volumetto viene narrata la storia del Hatzèr, il ghetto, un universo caratterizzato, sul piano sociale, da una fitta rete di supporto e mutuo soccorso che, sebbene non riuscì mai a livellare le differenze culturali ed economiche spesso molto marcate, fu capace per secoli di mantenere viva quella realtà così piccola e allo stesso tempo frenetica e intensa. C’erano la scuola e le sinagoghe, la Casa d’Industria divenuta poi di Ricovero; c’erano le riunioni in Sukkah, la tanto attesa festa di Purim e l’annuale seder di Pesach in sala Montefiore. L’altra faccia del Hatzer era quella della miseria, dei poveri del Ghetto e delle istituzioni di beneficenza che dipendevano da coloro che già da tempo avevano lasciato le case del Ghetto per più nobili dimore. Un mondo di contrasti che Pardo dona ai posteri prima che venga cancellato del tutto. “Il Hatzer – spiega Umberto Fortis – è ora un mondo scomparso, vivo fino ai primi anni del Novecento, travolto, inevitabilmente, dalla tragedia della deportazione, ma rimasto indelebile nella memoria di chi, negli anni della sua fanciullezza, ha vissuto gli ultimi giorni di quell’ambiente e ne porta in sé, forse con una nota di nostalgia, lo spirito unico che lo animava.

Michael Calimani

(16 giugno 2016)