…Orlando

La violenza terrorista che identifica un luogo di ritrovo della comunità omosessuale come obiettivo per compiere una strage mette a nudo tutte le contraddizioni della guerra in corso. Diventa complicato riconoscere in maniera netta e manichea fra amici e nemici, fra bene e male, quando nel conflitto vengono coinvolti aspetti comportamentali che sono sanzionati in vario modo anche in quelle che siamo abituati a considerare (almeno a confronto del fanatismo islamista) culture “libere”. Naturalmente non ci sono episodi storici, nel passato come nel presente che si fa storia, che possono essere definiti con il facile paradigma del bene e del male. Perfino nell’orrendo ripescaggio del Mein Kampf proposto ultimamente da un quotidiano nazionale c’è chi ha voluto minimizzare, derubricando il Nazismo da male assoluto a ideologia perdente ma legittima. Le operazioni che oscillano fra revisionismo e negazionismo fanno in genere questo, riducono cioè tutta la storia a una indecifrabile marmellata nella quale si fatica ad orientarsi e a identificare un’etica condivisibile.
Ma l’attacco di genere, che va dalla diffusissima violenza sulle donne (le ragazze Yazide rapite e violentate, o le ragazze scomparse inghiottite da Boko Aram) agli assalti ai Gay Pride fino alla strage di Orlando, mette in evidente discussione la nostra capacità di offrire risposte chiare e convincenti, oltre che coerenti. E’ in effetti noto che le culture da cui proveniamo non sono prive di aggressività nei confronti della differenza di genere. Le nostre donne sono spessissimo oggetto di violenza e il femminicidio è ormai un’emergenza sociale. Gli omosessuali che passeggiano la sera nelle città occidentali si devono guardare le spalle. E sul piano dei diritti ci sono ancora evidenti disparità di trattamento. Un interessante articolo di James Kirchik ha posto in questi giorni l’accento sulla “comodità” di addossare la responsabilità della strage di Orlando alla diffusione delle armi da fuoco negli USA per evitare di affrontare il vero problema, vale a dire il dichiarato e diffuso atteggiamento omofobico nelle tre grandi religioni monoteiste. È certamente vero che oggi sono solo gli estremisti islamici a buttare dai tetti gli omosessuali di Rakka o a massacrare i ragazzi della Florida, ma non siamo autorizzati a dimenticarci i triangoli rosa con cui parte della “civiltà occidentale” aveva condannato a morire gli omosessuali ad Auschwitz. Per non dire della visione del tutto negativa dell’omosessualità nelle scritture ebraiche e cristiane. Ci troviamo quindi nella scomoda posizione di chi è abituato a difendere nel nome del politically correct i diritti di tutte le minoranze, e a combattere una guerra contro il terrorismo internazionale nel nome di alti principi morali, sapendo che in “campo amico” sono diffusissimi atteggiamenti e comportamenti che in fondo condividono le motivazioni dichiarate dei massacratori. Il fondamentalismo islamico conosce molto bene questa nostra contraddizione, e attraverso l’uso della violenza e della paura manda un messaggio inequivoco che tenta di scardinare dall’interno la compattezza della nostra compagine sociale. Sta a noi trovare una coerenza che riesca a fare giustizia e a fornirci gli strumenti per rispondere con decisione a una provocazione culturale, prima ancora che militare.

Gadi Luzzatto Voghera, storico

(17 giugno 2016)