Identità e storia – Milano ebraica, 150 anni d’integrazione

Milano sinagoga via GuastallaEbrei a Milano. Due secoli di storia fra integrazione e discriminazioni. Nel nuovo libro di Rony Hamaui, appena pubblicato da Il Mulino, si racconta il ruolo trainante della realtà ebraica lombarda. Qui di seguito ne anticipiamo un breve stralcio.

La rinascita della Comunità ebraica iniziò nel maggio del 1945 in via Unione 5. Da quel palazzo passarono migliaia di rifugiati (Displaced Persons): per la maggior parte provenivano clandestinamente dai campi di concentramento e dai paesi dell’Europa centro-orientale. Lì, come ricorda Primo Levi, ritrovarono “un’atmosfera più familiare” e un’esistenza migliore. Sotto la direzione di Raffaele Cantoni furono costituiti un piccolo ospedale, un tempio, una mensa e soprattutto un dormitorio. In quel luogo, che rimarrà nella memoria di molti, operarono ben tredici organizzazioni ebraiche, fra cui la Joint, l’Adei-Wizo, la Ort, e internazionali, come l’Unrra. La ricostruzione della Comunità è anche indissolubilmente legata alle figure di Carlo Schapira, Sally Mayer e del figlio Astorre. Il primo, uomo straordinario di origine romena, poliglotta, aveva fatto fortuna con il Cotonificio Bustese. Il secondo, giunto a Milano da un piccolo borgo della Germania, riuscì nel giro di pochi anni a costruire un impero nella produzione della carta. Quale primo presidente della Comunità eletto nel dopoguerra, gestì con passione e generosità l’assistenza ai profughi, si adoperò alla ricostruzione del Tempio di via Guastalla, alla rinascita della scuola di via Eupili, della casa di riposo di via Jomelli e delle altre strutture amministrative e sociali della Comunità. Alla sua morte prematura il figlio Astorre, acceso sionista, prese le redini dell’azienda di famiglia, svolgendo contemporaneamente il ruolo di console onorario del neonato Stato d’Israele e continuando a fornire un importante contributo all’ebraismo milanese. Fu sua la visione di costruire una nuova, “enorme” scuola ebraica che rispondesse alle future necessità demografiche della popolazione ebraica milanese in una zona allora del tutto periferica, fra via Lorenteggio e piazza delle Bande Nere. In quel quartiere oggi vivono alcune migliaia di famiglie ebree, sorgono diverse sinagoghe e operano alcuni negozi e ristoranti kasher. Insomma, una piccola Brooklyn meneghina. Tra la metà degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta gli ebrei milanesi erano riusciti con fatica a ridurre il forte grado di eterogeneità che aveva caratterizzato la Comunità sin dall’origine, anche perché accomunati da esperienze drammatiche quali il regime fascista, la seconda guerra mondiale, l’invasione nazista e la Shoah. Dal punto di vista demografico, poi, la Comunità ebraica si presentava in rapida crescita, dopo che le persecuzioni razziali avevano quasi dimezzato il numero di ebrei residenti nel capoluogo lombardo: da 7- 8.000 persone prima della guerra a circa 4.500 nel 1948. A spiegare questa crescita concorre il fatto che in quel periodo Milano era diventata una meta importante per molti ebrei fuggiti dall’Europa dell’Est o sopravvissuti ai campi. Inoltre, in quegli anni di speranza e boom economico, la natalità infantile conobbe una forte crescita, come in tutte le economie occidentali. Tuttavia il contributo maggiore alla crescita venne dagli ebrei in fuga dai paesi arabi, dopo la proclamazione d’indipendenza dello Stato d’Israele nel 1948. Inizialmente i più numerosi furono gli ebrei egiziani, che fuggivano dopo la crisi di Suez del 1956, seguiti da libanesi, siriani, marocchini e iracheni, mentre in seguito arrivarono numerosi ebrei dall’Iran e dalla Libia. Nel 1975 il numero degli scritti alla Comunità sfiorava le 9.500 persone, raggiungendo così il massimo storico. Di questi, meno di un terzo era nato in Milano, un altro terzo proveniva da altre località italiane o da paesi europei e ben il 37% da paesi del Nordafrica e del Medio Oriente. Ancora una volta, com’era successo per buona parte dell’Ottocento e della prima metà del Novecento, la Comunità ebraica di Milano si trovava ad accogliere migliaia di persone ricche di tradizioni, valori ed energie, ma estremamente eterogenee e con evidenti problemi d’integrazione. In questo caso le diversità risultavano ancora maggiori che nel passato, giacché agli ebrei italiani e ashkenaziti si aggiungeva una forte componente di ebrei sefarditi culturalmente più distanti. Così si moltiplicavano sinagoghe, scuole e centri culturali, che da un lato arricchivano l’offerta di servizi, dall’altra rendevano più complessi i rapporti fra i diversi gruppi. Ancora una volta il punto di forza della Comunità ebraica erano la natura cosmopolita e l’alto livello d’istruzione dei suoi membri, caratteristiche che hanno accompagnato l’intera storia dell’ebraismo milanese.

Pagine Ebraiche, giugno 2016