ORIZZONTI Il fondatore di Limmud: “Brexit, un’idea assurda”
“L’idea che la Gran Bretagna possa lasciare l’Europa mi fa inorridire. E questo non perché io abbia una qualsivoglia opinione che questo possa essere positivo o negativo per l’economia inglese o questioni simili, ma perché non riesco a comprendere come, dopo il XX secolo, chiunque possa pensare sia un bene incoraggiare i paesi a indebolire i legami e l’interdipendenza reciproca”. Clive Lawton, fondatore di Limmud, il grande movimento dedicato all’educazione ebraica a 360 gradi che ogni anno riunisce in Regno Unito oltre 2500 persone da tutto il mondo, con un format esportato in oltre trenta paesi, è stato di recente premiato dalla regina Elisabetta. La famiglia reale non si è espressa sulla consultazione programmata per il 23 giugno 2016 che potrebbe portare il paese fuori dall’Unione Europea. Forse una delle pochissime istituzioni a rimanere silente: dai vertici della Premier League, il campionato di calcio più seguito del mondo, all’autrice di Harry Potter JK Rowling, i campi di “Bremain” e “Brexit” (British+remain/exit) sono stati protagonisti di una battaglia di toni e retorica feroci. A indagare l’approccio della comunità ebraica britannica (circa 270mila persone) è stato nelle scorse settimane un sondaggio dello storico settimanale Jewish Chronicle, che ha registrato una netta prevalenza del fronte europeista (49 per cento, a fronte del 33 per cento di contrari, con un 17 per cento di indecisi). Lawton spiega a Pagine Ebraiche che la popolazione ebraica vive in queste ore gli stessi dubbi e pulsioni del resto dei britannici.
“Gli ebrei inglesi, come gli inglesi in generale, non sono molto portati a guardare all’estero, e quando lo fanno, vedono spesso più Israele e l’America che l’Europa. L’interazione ebraica britannico-europea è dolorosamente scarsa. In generale, gli ebrei hanno sono portatori della piena varietà di opinioni sulla questione presente nella società e non sono certo che vedano una particolare prospettiva ebraica. C’è chi forse nutre qualche piccola preoccupazione pensando a un’ulteriore apertura dei confini rispetto al pericolo del terrorismo, ma in generale si può dire che sembra non abbiamo difficoltà a produrre i nostri terroristi nazionali, dunque sono pochi a pensare che sia un tema primario per il Regno Unito”.
Lawton sottolinea dunque come non esista necessariamente una particolare prospettiva ebraica rispetto alla questione Brexit. “L’umore nell’ambito della comunità non differisce da quello del resto del paese: alla quasi totale confusione si accompagna un profondo sconforto per la terribile qualità del dibattito pubblico. Ho il triste sospetto che il risultato del referendum sia visto da molti come più importante per la politica interna della Gran Bretagna piuttosto che rispetto al suo rapporto con l’Unione Europea. Quasi nessuno sembra essere consapevole di cosa l’Europa faccia per noi o quali siano le sue reali implicazioni. La disputa ha lacerato i conservatori, messo in luce come la leadership laburista abbia poco da dire, e dimostrato che il pubblico è assai male informato su temi economici e demografici. In molti, me compreso, sentono che non avremmo mai dovuto avere un referendum su un tema così essenziale. Abbiamo una democrazia rappresentativa e non plebiscitaria proprio per evitare che decisioni cruciali vengano lasciate nelle mani di persone poco informate e sempre più confuse,” spiega.
Difficile infine, per il fondatore del Limmud, prevedere l’esito della consultazione, anche poche ore prima dell’apertura delle urne. Il che, fa notare Lawton, mette ancora più in evidenza l’insensatezza della situazione.
“Come fa un paese a prendere una decisione così fondamentale sulla base di un voto che potrebbe andare in un modo o nell’altro a seconda che fosse stato fissato due giorni prima o una settimana dopo? È davvero assurdo”.
Rossella Tercatin