Brexit, le reazioni del mondo ebraico
“Il tempo delle divisioni è finito. Per tutti. Sia per chi sta esultando, sia per chi prova apprensione per il futuro. È fondamentale che le fasce vulnerabili della società non subiscano i contraccolpi di questa campagna e che la leadership morale del nostro paese nel mondo non sia intaccata”.
Così il rabbino capo d’Inghilterra e del Commonwealth rav Ephraim Mirvis commenta gli esiti del voto sulla Brexit. “La mia speranza – aggiunge il rav – è che la polarizzazione dello scontro sull’idea di Europa che vi è stata in passato possa lasciare spazio a un diverso e più responsabile approccio e a una riflessione sui valori che uniscono”.
Numerose le reazioni di leader comunitari. Il presidente del Board of Deputies of British Jews, Jonathan Arkush, ha convocato un incontro con alcune associazioni per le prossime ore. “Non abbiamo preso posizione sul referendum, ma la storia del nostro organismo parla di continue e importanti relazioni con l’Unione Europea” afferma un portavoce del Board, il principale organo di rappresentanza degli ebrei d’Inghilterra.
“La campagna mediatica sul referendum è stata, a volte, estremamente divisiva. Il paese ha bisogno di ritrovarsi unito” sostiene il vicepresidente del Board, Richard Verber. Mentre un altro membro dell’esecutivo, Gillian Merron, rivolge un ringraziamento a David Cameron, che ha annunciato questa mattina la sua uscita di scena, “per il servizio reso al paese e per l’amicizia dimostrata alla nostra comunità”.
Come vi abbiamo raccontato sui nostri notiziari, significativi i dati emersi dal sondaggio commissionato nelle scorse settimane dal settimanale Jewish Chronicle. Tra la popolazione ebraica del paese, il fronte europeista era infatti accreditato del 49 per cento dei consensi, a fronte del 33 per cento di sostenitori della Brexit).
Ha affermato Clive Lawton, fondatore e animatore del Limmud: “L’idea che la Gran Bretagna possa lasciare l’Europa mi fa inorridire. E questo non perché io abbia una qualsivoglia opinione che questo possa essere positivo o negativo per l’economia inglese o questioni simili, ma perché non riesco a comprendere come, dopo il XX secolo, chiunque possa pensare sia un bene incoraggiare i paesi a indebolire i legami e l’interdipendenza reciproca”.
Non sono ancora giunte comunicazioni ufficiali da parte dello European Jewish Congress, il cui presidente Moshe Kantor si era detto fortemente contrario all’uscita della Gran Bretagna dalla Ue. E questo, spiegava in un recente articolo, per tre motivi: “L’amore che ho per il Regno Unito, dove vivo e dove crescono i miei tre figli; il timore per la futura unità dell’Europa; la necessità di lottare per la sicurezza e il benessere degli ebrei d’Europa”.
(24 giugno 2016)