Curiosando tra le tracce
Perché un saggio o articolo sul paesaggio in Italia dovrebbe essere definito storico-politico? E perché si cita un discorso tenuto il 18 marzo del 1968 da Robert Kennedy definendolo “ex-senatore statunitense” senza dire che era candidato alla presidenza degli Stati Uniti, che stava partecipando alle elezioni primarie del Partito Democratico e che pochi mesi dopo sarebbe stato assassinato? Misteri che accompagnano la lettura delle tracce proposte quest’anno per la prima prova dell’esame di stato e che dimostrano come l’abitudine alla contestualizzazione storica, e forse l’idea stessa di storia, si stiano lentamente estinguendo nella scuola italiana, anche se gli anniversari tondi (come quello del voto alle donne) suscitano ancora qualche attenzione. A di là questi misteri si nota qualche curiosità: per esempio, nel saggio breve letterario sul rapporto padre-figlio due testi citati su tre sono di autori ebrei (Kafka e Saba). Mi domando con una leggera apprensione come i ragazzi avranno interpretato “Eran due razze in antica tenzone”, il verso finale della poesia di Saba Mio padre è stato per me “l’assassino”. E, sempre con leggera apprensione, mi domando come avranno potuto interpretare, nel tema di ordine generale, l’invito a riflettere “sul concetto di confine: confini naturali, “muri” e reticolati, la costruzione dei confini nella storia recente, l’attraversamento dei confini, le guerre per i confini e le guerre sui confini, i confini superati e i confini riaffermati.” Perché quel “muri” è tra virgolette? A chi o a cosa intendeva riferirsi chi ha scritto la traccia?
Al di là di questo devo dire che il tema sui confini era molto interessante, e ancora di più lo era il testo di Piero Zanini che serviva da spunto. “… Varcare la frontiera, significa inoltrarsi dentro un territorio fatto di terre aspre, dure, difficili, abitato da mostri pericolosi contro cui dover combattere. Vuol dire uscire da uno spazio familiare, conosciuto, rassicurante, ed entrare in quello dell’incertezza …” Questa probabilmente è la regola generale. Ma per mio padre, per i miei nonni e per molti altri c’è stato un momento in cui le terre aspre, dure e difficili erano quelle in cui erano nati e cresciuti, mentre lo spazio familiare, conosciuto e rassicurante – dove era persino possibile tornare a chiamarsi con il proprio vero nome – era quello al di là della frontiera. Non so in quale misura i ragazzi che hanno svolto quel tema si siano resi conto di questo; sarebbe stato utile ricordare che a volte i mostri si possono trovare anche da questa parte del confine.
Anna Segre, insegnante
(24 giugno 2016)