Accordo con la Turchia e dialogo sui negoziati la diplomazia israeliana passa dalla Capitale
Roma diventa snodo chiave per la diplomazia israeliana. Non tanto per il vertice che in queste ore vedrà protagonisti il Premier Benjamin Netanyahu e il segretario di Stato Usa John Kerry (nell’immagine il vertice romano tra i due del 2014), che si incontreranno per parlare dello stallo dei negoziati di pace, quanto per la firma nella Capitale italiana dell’intesa tra Ankara e Gerusalemme, che segna un nuovo capitolo nei rapporti tra i due Paesi.
Sulla questione negoziati, per il momento, come ha sottolineato il Presidente d’Israele Reuven Rivlin intervenendo dagli scranni del Parlamento Ue in settimana, non c’è grande movimento. Il problema, ricordava Rivlin, è che una ripresa del dialogo è possibile solo sulla base di una fiducia reciproca. Condizione che al momento non c’è. Come dimostra il comportamento del leader palestinese Mahmoud Abbas. A Bruxelles negli stessi giorni di Rivlin, il leader dell’Anp ha rifiutato di incontrare il presidente israeliano nonostante il tentativo di mediazione dei diplomatici europei per poi attaccare lo Stato ebraico di fronte al parlamento Ue e lanciarsi in affermazioni dal sapore antisemita. Abbas ha infatti denunciato presunti rabbini israeliani che incitano “ad avvelenare i pozzi dei palestinesi in modo per ucciderli”. Molte voci hanno subito protestato per questi strali antisemiti e lo stesso Abbas ha fatto marcia indietro, dicendo di non aver avuto l’intenzione di offendere “gli ebrei e l’ebraismo”.
Se sul fronte israelo-palestinese dunque poco o nulla sembra muoversi – e un certo pessimismo gravita anche attorno all’incontro Netanyahu-Kerry-, Roma sarà testimone in queste ore di una riappacificazione voluta e cercata da anni e ora arrivata alle ultime battute: quella tra Israele e Turchia.
La rottura del legame tra Israele e Turchia, a lungo alleate, risale al 2010, dopo il famoso incidente della Freedom Flotilla. L’episodio vide coinvolti un gruppo filopalestinese, che a bordo di alcune navi cercò di oltrepassare il blocco imposto da Israele su Gaza, e i soldati dell’esercito israeliano, saliti a bordo delle imbarcazioni per impedirlo. Nello scontro morirono nove cittadini turchi e Ankara reagì rompendo i rapporti diplomatici con Israele. Da allora vi sono stati diversi tentativi per trovare una riconciliazione tra due delle economie più solide della regione. Tre le richieste turche per arrivare all’intesa: le scuse ufficiali di Gerusalemme per l’incidente della Freedom Flotilla, il risarcimento delle famiglie delle vittime e la rimozione del blocco su Gaza. Alle prime due Israele ha acconsentito, formalizzando per bocca del suo Primo ministro Benjamin Netanyahu le sue scuse per l’episodio e garantendo un risarcimento ai famigliari delle persone rimaste uccise. Il terzo punto è rimasto a lungo un nodo irrisolto e ora sembra essere arrivata una soluzione intermedia, grazie al lavoro tra gli altri di Jacob Ciechanover, inviato del Premier israeliano e sin dall’inizio coinvolto nei negoziati: il blocco – posto da Gerusalemme dopo il rapimento nel 2006 da parte dei terroristi di Hamas di Gilad Shalit e l’uccisione di altri due soldati di Tsahal – non sarà eliminato ma alcune restrizioni saranno sospese. In particolare sarà permesso, riportano i media turchi (Hurriyet Daily News) e israeliani (Haaretz, Arutz 1 e Yedioth Ahronoth tra gli altri), l’invio di aiuti a Gaza da parte di Ankara attraverso il porto di Ashdod; sarà completato un ospedale a Gaza e sollevate tutte le restrizioni sulla fornitura di attrezzature, farmaci, personale per la struttura. Gerusalemme ha anche dato il suo benestare per la costruzione di una centrale elettrica nella Striscia, progetto in mano alla Turchia in collaborazione con la Germania, e a un impianto di dissalazione per la fornitura di acqua potabile.
Anche Israele ha avanzato richieste alla controparte turca e una su tutte sembra sia stata accettata da Ankara: lo smantellamento della sede di Hamas ad Istanbul. La città è considerata il quartier generale di una corrente del gruppo terroristico fuori dalla Striscia, quella guidata da Salah al-Arouri. Uno che da lontano sta cercando di influenzare la Cisgiordania: durante l’operazione Protective Edge, il direttore dello Shin Bet Yoram Cohen ha incontrato il leader dell’Anp Mahmoud Abbas per presentargli, riporta il giornalista Shlomi Eldar, le prove che Arouri stava costruendo delle infrastrutture in Cisgiordania con l’obiettivo di attuare un colpo di stato contro l’Anp. Israele evidentemente non vuole che la Cisgiordania cada nelle mani di Hamas e da qui la richiesta alla Turchia di colpire chi da Istanbul cerca di destabilizzare la West Bank.
Daniel Reichel
(26 giugno 2016)