…Europa
Perlomeno si discute di politica e non di gossip politico nostrano, di principi e non di poltrone. Sull’onda della paura, dello sconcerto, anche della disperazione, rinasce forse un discorso vero. Si riparla da qualche parte di Europa non soltanto in termini di burocrazia ma in termini di necessità di un’unione politica. Si parla di popolo e di populismo, di profughi e di ruolo dell’Europa. Certo, i discorsi sull’orlo dell’abisso non annullano il pericolo del vuoto. E qui l’abisso è il rischio di annullare la speranza non utopistica ma concreta di un’Europa unita, dopo che per due volte, nella prima metà del Novecento, l’Europa si era scannata e distrutta. Ma forse la scossa può anche spingerci ad andare avanti. Noi ebrei siamo parte integrante di questo sconvolgimento che ci può solo cambiare, se non vogliamo distruggerci. La storia ci ha insegnato che quando le nazioni europee hanno rifiutato, nel 1938, di accogliere i profughi (allora eravamo noi ebrei) quello che ne è seguito è stata la catastrofe, prima per noi ma poi per tutti. Forti di quella memoria che coltiviamo nei nostri cuori ed insegniamo ai nostri figli e ai figli del mondo, non possiamo che impegnarci a fondo per un’Europa unita, solidale rispetto a chi sfugge la guerra e la morte, senza muri e barriere. È il minimo, il prerequisito. Poi, da lì, possiamo, spero, ripartire.
Anna Foa, storica
(27 giugno 2016)