Oltremare – Colline
Che Tel Aviv sia una bolla è noto a tutti: una specie di città-stato, in cui si riversa un’ottima parte di quegli israeliani che vogliono vivere una vita cosmopolita, e migliaia di nuovi immigrati ogni anno, che cercano il passaggio meno traumatico possibile dalle città europee o americane alla vita mediorientale. A volte però la bolla scoppia, tutto d’un tratto, e ti trovi faccia a faccia con l’estremo più lontano alla vita cittadina e moderata qui accanto al mare.
Sedevo l’altra sera con amici a cena, e dopo una battuta del tutto bonaria sulla provenienza di un vino dai territori occupati, ho scoperto che un mio conoscente lavora quotidianamente nei territori, non solo quelli riconosciuti ma anche quelli fuori dalla legge. Fra un bicchiere (occupato) e l’altro, racconta che lui, che – va da se – sostiene i coloni a livello ideologico, ogni tanto va a fare lavori di costruzione per i giovani delle colline. A quel punto ho messo giù il bicchiere.
Una categoria, una filosofia, un movimento. I giovani delle colline sono i giovanissimi iniziatori di insediamenti, ragazzi che dovrebbero essere al liceo e invece arrivano su di una collinetta brulla e terrosa, non in territorio israeliano, piantano una tenda, cui segue un container come unità abitativa, poi l’allacciamento ad un tubo dell’acqua da un insediamento vicino, poi un palo della luce che compare per magìa, poi una ruspa e uno schiacciasassi e voilà una strada, e via così finchè da collina brulla si è passati a insediamento non riconosciuto, ma difeso dall’esercito perchè composto di israeliani. A quel punto si spostano su di un’altra collina, a piantare un’altra tenda.
Racconta quietamente come molti di questi iniziatori di insediamenti non prendono la maturità né studiano presso scuole religiose, solo alcuni lavorano la terra, pochi servono poi nell’esercito a diciott’anni. Lui non lo sa che sto leggendo “La collina” di Assaf Gavron (La Giuntina), e ho appena visto “I coloni”, il nuovo documentario impietoso sulla storia dell’occupazione dal 1967 ad oggi. E che rivorrei davvero la mia bella bolla telavivese intatta.
Daniela Fubini, Tel Aviv twitter @d_fubini
(27 giugno 2016)