In ascolto – Sanremo

milanoQuest’anno il soggiorno al mare mi ha regalato storie nuove e interessanti, tra cui quella del Festival di Sanremo, che nacque un po’ per caso, nel salone delle feste del Casinò. Nel 1950 si tenne il Festival della Gastronomia ed erano presenti diverse celebrità tra cui Stanlio e Ollio (si conserva ancora una vecchia foto in bianco e nero) e qualcuno pensò che sarebbe stato interessante mandare in diretta radio l’evento. Giustamente vi fu chi obiettò: “Ma il pubblico dovrebbe restare lì ad ascoltare rumore di stoviglie e chiacchiere di gente impegnata a mangiare? Invitiamo qualche cantante e un presentatore e diamo una parvenza di spettacolo all’evento”. E così fecero l’anno successivo. I cantanti erano Nilla Pizzi, Achille Togliani e il duo Fasano e ciascuno di loro eseguiva diversi brani; il presentatore era Nunzio Filogamo che, quando si trovò di fronte ai convitati, tutto sommato pochi, fu colto da sconforto, ma poi pensò a quante migliaia erano invece in ascolto e d’istinto pronunciò quella frase che l’avrebbe contraddistinto per tutta la lunga carriera: “Cari amici vicini e lontani, buonasera, buonasera ovunque voi siate”.
Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e oggi Sanremo è il simbolo della canzone italiana nel mondo, una vetrina per le nuove proposte e un palco per i nomi storici, come Iva Zanicchi, unica donna ad aver vinto tre edizioni, la prima cantante italiana a esibirsi al Madison Square Garden di New York (1973) e a compiere una lunga tournée in Unione Sovietica (1981). E se negli ultimi anni l’abbiamo vista soprattutto nei giochi a premi e in ambito politico, in realtà negli anni ’70 era davvero un’artista interessante: voce possente e versatile, grande passione, capacità di adattarsi ai generi tant’è che mise in piedi diverse collaborazioni, anche con artisti internazionali come Mikis Theodorakis, Charles Aznavour e Solomon Burke. Ma c’è un elemento interessante della Zanicchi e che oggi qui propongo: il suo album Shalom del 1971, in cui interpreta dodici brani legati alla tradizione ebraica in senso lato, tradotti in italiano e riarrangiati: accanto alle più celebri “Exodus” e “Hava Naghila” esegue le meno note al vasto pubblico, ma davvero interessanti “La luna è alta” ovvero “Or nam” di Yaakov Shabtai, che ha i suoni della musica israeliana di quegli anni e “Terra Promessa” ovvero “Erev shel shoshanim”, accompagnata dalla chitarra e dal flauto, con il rinforzo del coro, molto suggestivo, nei ritornelli.
Erano i primi anni ’70 e in Germania cantare in yiddish e in ebraico aveva il sapore della rivoluzione e della protesta, in conseguenza del processo innescato dal ’68, ma in tutta onestà non so quali siano state le motivazioni di Iva Zanicchi. So solo che il disco merita davvero di essere riscoperto e riascoltato, perché è una piccola perla nella storia della canzone italiana, che non è solo Sanremo.

Consiglio d’ascolto: https://www.youtube.com/watch?v=DyjDxsCHxAE&list=PL-kNiHUHZL5Bm1kE6SCqGQCoeR7mViFt1&index=3

Maria Teresa Milano

(30 giugno 2016)