JCiak – Ciclone Brexit sul cinema
“Un risultato devastante”. Michael Ryan (nell’immagine), direttore dell’Indipendent Film and Television Alliance non ha usato mezzi termini per descrivere l’effetto di Brexit sulle produzioni cinematografiche e televisive. Il risultato del referendum avrà infatti un impatto profondo su quanto arriva sugli schermi, modificando in modo radicale gli scenari attuali.
L’acquisto dei diritti di film europei diventerà ora più onerosa per gli inglesi. Con ogni probabilità in Inghilterra si vedranno ancora lavori superpremiati come Son of Saul. Ma cosa ne sarà di film meno noti ma altrettanto interessanti? E come cambierà la programmazione di tante sale d’essai italiane per cui i film europei (e quindi finota anche quelli inglesi) presentano vantaggi anche fiscali?
Servirà tempo per misurare l’effetto Brexit sul cinema e la televisione. Ma, non solo secondo Michael Ryan, l’uscita dell’Inghilterra dall’Unione europea metterà in crisi l’intera industria su svariati fronti, a partire da quello economico. L’Europa è stata finora un finanziatore di tutto rispetto con 130 milioni di euro erogati tramite il programma Media incoraggiando al tempo stesso la circolazione dei film in ambito europeo.
Venuto meno questo supporto, restano intatte altre fonti come Hollywood o la National Lottery, ma diventano molto più complesse le coproduzioni che andranno negoziate di volta in volta con i singoli paesi e non godranno più degli aiuti di settore europei. Tanto per dire, persino un colosso come Game of Thrones di Hbo ha usufruito in alcune stagioni di questo sostegno
Brexit infliggerà un duro colpo anche alla circolazione. I film europei – i cui diritti vanno acquistati in euro e sono adesso più cari – rischiano di sparire dagli schermi inglesi. La cinematografia europea di rado ha un forte appeal commerciale e una volta aumentati prezzi e complicazioni, finiranno per sconfinare film di chiara fama, tipo Son of Saul, appunto, mentre gli altri non ce la faranno a varcare la Manica.
Ovviamente il discorso vale anche all’inverso. Quasi la metà dei film e degli show televisivi prodotti in Inghilterra finivano per essere proiettati in Europa, un mercato che per gli inglesi oggi non è più di libero scambio.
Prima del referendum trecento artisti, attori, scrittori e musicisti avevano firmato contro l’uscita dall’Unione Europea. “Non solo l’Inghilterra è più forte in Europa, è anche più fantasiosa e creativa. Uscire significherebbe indebolire il nostro successo creativo globale”, spiegava la lettera. “Lasciare l’Europa sarebbe un salto nell’ignoto per milioni di persone che in Inghilterra lavorano nell’industria creativa e per tutti quelli che, in patria e all’estero, beneficiano dello sviluppo e della vitalità del settore culturale inglese”. Un appello rimasto purtroppo inascoltato.
Daniela Gross
(30 giugno 2016)