Time out – Ambiguità turche
L’attentato di Istanbul fa seguito alla scelta di Erdogan di ricucire con Israele e con la Russia. Secondo alcuni analisti sarebbe questo riavvicinamento la causa dell’attacco, anche se data la prossimità degli eventi appare poco probabile. Resta però il fatto che l’ambiguità verso l’islamismo finisce per produrre mostri. Solo pochi mesi fa un giornalista turco venne arrestato per aver documentato lo scambio di merci (solo?) dalla Turchia ai territori sotto contro dell’Isis. Oggi ci informano i servizi segreti che sebbene una rivendicazione non ci sia, appare chiara la matrice che fa riferimento allo Stato islamico. Quello che apparentemente è un controsenso in politica rappresenta la normalità, l’abitudine a giocare su più tavoli con la speranza di vincere in ognuno di questi. Il problema è che però spesso i giocatori giocano partite inconciliabili tra loro, i cui effetti si riproducono oltre le strategie stesse. Per questo la realpolitik di Erdogan non potrà produrre risultati, perché il cinismo nelle stanze dei bottoni cozza con il populismo del leader che permette l’avanzata del fondamentalismo nel suo paese. Esistono due battaglie, una contro lo Stato islamico che si combatte nei territori controllati dall’Isis e una contro il fondamentalismo islamico che invece riguarda i paesi musulmani e quelli europei con largo numero di cittadini musulmani. Sconfiggere militarmente l’Is potrà non bastare, perché esattamente come avviene con la mafia, l’arresto di un boss produce la nascita di un altro capo che lo sostituisce. Il problema è più complesso e forse sono solo le contraddizioni all’interno dei paesi come la Turchia che potranno far capire ai leader islamici che giocare con il fondamentalismo per ragioni politiche non giova più a nessuno, altrimenti il problema si rischia di averlo forte dentro casa.
Daniel Funaro
(30 giugno 2016)