Hallel…

Non ho parole. Nessuna. Nessun pensiero. Di fronte alla morte di una tredicenne, Hallel Yafa Ariel הי”ד, uccisa per mano di un diciassettenne la cui madre ricorda come “eroe del quale essere fiera”, non ho argute frasi da condividere. Ho solo voglia di abbracciare mia figlia, tredicenne israeliana anche lei, che come Hallel ha voglia di uscire con le amiche, dormire un po’ di più nei giorni estivi di vacanza, ballare ad un saggio di danza, esattamente come ha fatto Hallel la sera prima di morire. E a nulla serve ricordare il versetto di Ecclesiaste 3:4 “Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per far cordoglio e un tempo per ballare”. Perché per noi, testardi essere umani che crediamo al pianto di una madre alla quale hanno strappato la vita della figlia e non alla lode di un’altra che celebra la mano assassina del figlio, i tempi sono confusi, mischiati, dissolti insieme tra dolore, pianto, gioia, timore, risata, rabbia e speranza che un giorno tutte le madri saranno solo madri e poi nonne e non collaboratrici di terrore, violenza e progetti di sterminio.

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino

(1 luglio 2016)