Noemi Di Segni, l’intervista al Corriere
“Il valore particolare delle donne
è un patrimonio dell’ebraismo”

Schermata 2016-07-06 alle 14.48.09Un ruolo da protagonisti per gli ebrei italiani nel quadro della società di cui sono da sempre componente determinante. Un modello di famiglia inclusiva e responsabile. Un passo ulteriore nella conquista della piena responsabilità e del pieno impegno professionale e politico del mondo femminile. Il riconoscimento e la valorizzazione di ognuna delle 21 comunità ebraiche italiane. Un forte appello all’unità di intenti nel più rigoroso rispetto delle differenze. E ancora valori democratici, cultura, scuola, lotta all’antisemitismo e all’intolleranza, sicurezza, Israele.
A tutta pagina sul Corriere della Sera, le prime riflessioni della presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni all’indomani della sua elezione, la scorsa domenica, da parte del Consiglio UCEI.
A confronto con il maggiore quotidiano nazionale su molteplici tematiche: il ruolo di una donna nella rappresentanza dell’ebraismo italiano, la sfida della sicurezza, la lotta contro l’antisemitismo, il percorso del dialogo anche alla luce dei nuovi incontri tra mondo ebraico e altre realtà culturali e religiose. “Il valore particolare delle donne è un patrimonio dell’ebraismo” uno dei punti forti evocati dal presidente dell’Unione nel suo colloquio con il Corriere, posto in evidenza dalla redazione del quotidiano come titolo dell’intervista.
“Non solo poche Comunità, ma anche le più piccole tra le 21 che compongono l‘Italia ebraica, sono state o sono dirette da donne. Ed è doveroso sottolineare l’importanza che hanno le comunità più piccole, in cui è magari più difficile mantenere la peculiarità e l’identità per la mancanza di scuole. Sono comunità diverse tra loro, con tradizioni spesso differenti. Un valore – sottolinea Di Segni – che va tutelato e protetto”.
Di ampio respiro anche il confronto svolto, tra i molti segnali queste ore, lanciato dalla Radio Vaticana. Afferma Di Segni nel colloquio con l’emittente radiofonica della Santa Sede: “La presidenza che si apre è un frutto, se vogliamo, un primo frutto di un impegno che abbiamo portato avanti per quattro anni, di attenzione alle persone, alle singole comunità, per la loro esistenza come punti di riferimento e evidenze di un ebraismo che si è sviluppato ed è maturato sul territorio nazionale, valorizzando le peculiarità di ciascuna comunità. L’idea è quella di valorizzare quello che è comune tra le diverse collettività e comunità, siano esse ebraiche, cattoliche, cristiane e musulmane. E quindi, la linea che noi vogliamo assolutamente seguire, nel solco dell’eredità di Tullia Zevi e di Renzo Gattegna, è proprio quella di essere portatori dei valori di dialogo e di democrazia, con il resto della società italiana”. Valori degli ebrei italiani che costituiscono un patrimonio irrinunciabile dell’intera società.

Schermata 2016-07-06 alle 10.24.19Noemi Di Segni, 47 anni, nata a Gerusalemme e romana d’adozione, è il nuovo presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane. Torna una donna alla guida dell’ebraismo italiano: “È il risultato di un lavoro di 4 anni realizzato da un gruppo di donne all’interno dell’Unione. Come succede per gli alberi, c’è voluto tempo per vedere i frutti”.
Lei idealmente succede a Tullia Zevi, presidente dell’Unione dal 1983 al 1998.
È un onore confrontarmi con la straordinaria eredità di Tullia Zevi che ha guidato l’Unione svolgendo un lavoro fondamentale in anni di sfide faticose. Necessariamente diverse da quelle di oggi che hanno come sfondo le nuove tecnologie e il loro uso, l’integrazione, il dramma del lavoro, l’identità europea in crisi.
Quale valore aggiunto può portare una donna in un incarico molto delicato come quello di rappresentare un ebraismo italiano compatto ma insieme diversissimo?
C’è il valore particolare delle donne: il loro saper tutelare e salvaguardare il nucleo familiare. Io ho tre figli e so bene quanto sia essenziale. Nella mia famiglia però tutte le donne non solo hanno avuto rapporti familiari forti ma hanno sempre consolidato il loro percorso personale affrontando studi universitari e inserendosi nella vita pubblica e nelle istituzioni. In Israele, l’uguaglianza tra uomini e donne è un dato acquisito: l’importanza di quella parità apparteneva alla matrice sociale degli anni in cui nacque lo stato di Israele. Anche in Italia sono stati compiuti molti passi in avanti ma le sfide restano numerose. Una donna alla presidenza dell’Unione può trasferire il proprio momento familiare a una famiglia più allargata, quella dell’ebraismo italiano, trasmettendo con passione l’affetto per la comunità con spirito di servizio. Il mio non è un “lavoro”, ma un incarico gratuito in un ente che notoriamente non è lucrativo.
Anche la comunità ebraica romana, la più numerosa, è guidata da una donna, Ruth Dureghello. C’è dunque una nuova linea di tendenza nell’ebraismo italiano?
L’impegno delle donne sta diventando un patrimonio dell’ebraismo italiano. Ruth è bravissima ed è bello pensare che Noemi e Ruth, nella Bibbia, siano unite da un fortissimo legame tra suocera e nuora. Ma voglio ricordare che non poche comunità, anche le più piccole tra le nostre 21, sono state o sono dirette da donne. Ed è doveroso sottolineare l’importanza che hanno le comunità più piccole, in cui è magari più difficile mantenere la peculiarità e l’identità per la mancanza di scuole. Sono comunità diverse tra loro, con tradizioni spesso differenti. Un valore che va tutelato e protetto.
Pensa che in Italia ci sia ancora un antisemitismo diffuso, che il livello sia preoccupante?
L’antisemitismo si evolve e cambia. Oggi nessuno teorizza l’eliminazione fisica come fece il nazismo. Ma ci sono forme subdole che resistono, lo sa chi vive sulla propria pelle quel non valorizzare, non riconoscere l’altro. Oggi il pericolo maggiore viene dai social media dove, come dimostrano i recenti episodi di terrorismo legati all’Isis, i giovani meno strutturati possono essere attirati dai catalizzatori d’odio che sfruttano debolezze e fragilità. Bisogna operare nelle scuole, sostenere i giovani, spiegare i pericoli del web e raccontare cosa sta accadendo nel mondo ma senza generare panico. L’ebraismo, per la sua capacità di affrontare il nodo della sicurezza fisica e psicologica, può dare un grande contributo.
Quanto hanno contato, nel rapporto tra ebrei e cattolici, le visite dei tre Pontefici in Sinagoga?

Come ha sempre detto il mio predecessore Renzo Gattegna, che per me è una luce, un maestro e una grande persona, è diventato un rapporto tra chi vuole conoscersi tra diversi ma ha molti messaggi comuni da portare. Quelle visite sono state importantissime. Ci sono ancora questioni da affrontare ma guardo con fiducia a un percorso che sta proseguendo molto positivamente.

Paolo Conti, Corriere della sera

(6 luglio 2016)