Indignarsi abbastanza
Davvero viviamo in un paese dove un nigeriano viene ucciso perché nero e per aver difeso sua moglie dagli insulti razzisti? Non sembra vero, ma in realtà lo è e ci costringe a fare i conti con le nostre coscienze. Potremmo dire che due razzisti non rappresentano l’Italia intera e sarebbe un’ovvietà, la stessa che rimproveriamo ai musulmani di fronte all’estremismo islamista sebbene il fenomeno abbia misure e proporzioni molto differenti. Quello che dovrebbe accomunare i due fenomeni è la capacità d’indignazione. Ciò che ci sorprende dell’Islam è la tenue risposta contro l’islamismo, lo stesso errore in cui non possiamo cadere noi. Pensare che il fenomeno non ci appartenga o, peggio ancora, che il razzismo in salsa italica che spesso ascoltiamo anche dai nostri rappresentanti sia in qualche maniera tollerabile. Non lo è, e se a Fermo o in qualche altra parte del paese c’è qualcuno che ritiene di avere il diritto di uccidere l’altro per il colore della pelle la responsabilità è anche nostra, che non ci siamo indignati abbastanza di fronte al germe del razzismo che si alimentava. Senza entrare in discorsi complessi, ma la storia di Emmanuele Chidi Namdi dimostra che le semplificazioni sono quasi sempre sbagliate. Non era venuto in Italia per invaderci, per distruggere la nostra cultura, anzi era scappato dalla Nigeria come obiettivo dei nostri stessi nemici. Non c’è riuscito Boko Haram ad avere la meglio contro lui e la sua speranza, ci siamo riusciti noi che di fronte alla retorica razzista dell’invasione forse non ci siamo indignati abbastanza.
Daniel Funaro
(7 luglio 2016)