Oltremare – Sole
Esco di fretta un mattino molto presto, il sole ancora orizzontale filtra fra i bassi palazzi della strada in cui vivo. Mentre faccio a mente il conto della montagna di cose che devo fare entro sera, vedo che qualcuno appoggia una bicicletta al lato di un muretto uscendo di casa. Ma invece di andare nell’androne a prendere un bambino, o qualcosa che deve trasportare, si ferma. Si mette esattamente nel punto in cui le case sono separate da qualche metro di passaggio, chè qui in zona tanto spazio non ce n’è. E lì, in piedi immobile, la fronte a uno spicchio di sole, a mani giunte sotto il mento e ad occhi chiusi, ringrazia. Non so dire se prega, sono certa che ringrazia.
Solo ora mi accorgo che l’uomo, dalle fattezze indiane, è vestito di lino colorato, ha i capelli perfettamente neri racolti in una coda ordinata che cola gocce d’acqua sulla camicia, segno che anche lui come me è uscito da poco dalla doccia. Non ho avuto l’istinto di fare una foto con il cellulare che pure avevo in mano, e che come ogni mattina si stava già riempiendo di vita, sotto forma di messaggi di ogni forma e urgenza. Quel fermarsi, appoggiare la bicicletta e dedicare qualche secondo o minuto a pensieri che immagino più elevati del mio conto delle email e commissioni da sbrigare, era qualcosa di intimo e personale, e mi sarei poi pentita se ne avessi rubato l’anima con un click.
Un attimo a Tel Aviv, città che ogni tanto ci si dimentica quanto è plurale, e non solo banalmente duale. Come in ogni grande città vivono fra noi, con noi, persone venute da lontano, molte per lavorare e mantenere famiglie all’altro capo del mondo; e certe mattine ci ricordano cose ovvie, come ad esempio che anche fra le case fitte filtra il sole.
Daniela Fubini, Tel Aviv twitter @d_fubini
(11 luglio 2016)