… razzismo
Che in Italia stiano crescendo gli episodi di razzismo, di violenza fisica e verbale contro immigrati, persone colpevoli di avere un colore della pelle diverso dal bianco, è evidente e ovvio, e l’assassinio del giovane rifugiato di Fermo, sfuggito a Boko Haram per finire vittima di un nazista di provincia è solo l’ultimo episodio, il più tragico. Fra l’altro, mentre tutti alzano alte grida contro i massacri dei cristiani in molti paesi islamici, pochi fra i media hanno sottolineato il fatto che anche nel caso di Emmanuel e Chinyere si trattava di cristiani perseguitati come cristiani, e che la loro bambina e le loro famiglie erano morti nell’attacco ad una chiesa.
Ma quello che preoccupa di più, non sono i razzisti apertamente violenti, ma il clima intorno a loro che li accetta, che indulge all’odio verso il rifugiato, il nero, chi viene da lontano per sfuggire alla morte. Il fatto che gli insulti siano considerati da molti, troppi italiani, come scherzi o ragazzate. L’assassino di Fermo ha pronunciato un insulto che in Italia era stati rivolto pubblicamente da un parlamentare leghista ad un ministro della Repubblica senza che nessuno intervenisse. Se questo insulto era stato derubricato allora come un fatto poco importante, perché ci meravigliamo che un giovane nazista decerebrato lo usi ad esprimere il suo razzismo? L’Italia sta rapidamente diventando razzista quasi senza accorgersene, in odio al “buonismo”, parola che mi ricorda tanto il pietismo di cui erano accusati gli italiani che nel 1938 esprimevano sentimenti favorevoli agli ebrei. Si esalta la mancanza di pietà, l’odio verso il diverso, l’aggressione al più debole. Senza vergognarsene. Questo mi fa davvero paura, lo confesso.
Anna Foa, storica
(11 luglio 2016)