Periscopio
Pentastellati viaggiatori

lucrezi Com’è noto, quando un partito di opposizione – soprattutto se di opposizione ‘dura e pura’ – sente avvicinarsi la stanza dei bottoni, deve cominciare ad adeguarsi, a cambiare almeno un po’ il linguaggio, a imparare a usare le buone maniere e i guanti bianchi. Non è un esercizio facilissimo, perché ci vuole una buona dose di equilibrismo, di accortezza e di prudenza: se cambi troppo rapidamente e troppo radicalmente, la base (soprattutto i militanti storici, quelli più fedeli e agguerriti), potrebbe aversene a male, pensando che i loro diventeranno come tutti gli altri. Ma se non cambi per nulla, si rischierebbe di compromettere il risultato finale, perché la ‘maggioranza silenziosa’, quella dei benpensanti, dei pantofolai, degli uomini della strada, che magari ti hanno votato una o due volte per rabbia, noia o curiosità, potrebbero, nel vederti alle soglie del potere, spaventarsi, e non votarti più. Una cosa è applaudire a chi urla contro i politici ladri, altra cosa mandare a governarti chi sa soltanto urlare. E poi, se si dovesse davvero vincere, e si dovesse poi andare a frequentare ministri e capi di stato, papi e ambasciatori, venendo invitati a banchetti eleganti e cerimonie paludate, bisogna saper dare un’immagine rassicurante, imparare le regole della buona società, senza fare sempre la faccia feroce e senza bere l’acqua dei lavadita. Secondo un vecchio slogan, sempre attuale: “dalla protesta alla proposta”.
Sono le considerazioni che mi sono venute in mente nel leggere e ascoltare i resoconti della recente missione in Medio Oriente di una delegazione parlamentare del Movimento 5 stelle, salutata dai nostri organi di stampa come un importante test di un processo di evoluzione in senso istituzionale ormai evidente, e consacrato dalla conquista della guida di alcune delle più importanti città italiane. Finora l’approccio alle problematiche dell’area da parte del Movimento appariva piuttosto confuso, ma comunque segnato da una forte animosità nei confronti dello Stato ebraico espressa dai militanti, che in genere inondano ‘rete’ di ogni genere di insulti e contumelie in quella direzione (su ispirazione del loro ‘guru’, che, fra le mille esternazioni in materia, ha paragonato le vittime del nazismo a quelle di Equitalia, coprendo poi di male parole il Presidente dell’Ucei, che si era permesso di giudicare il paragone leggermente inappropriato). Ma, si sono detti i grillini, per governare non basteranno più le boccacce e il dito medio alzato, occorrerà fare politica, mostrare di essere in grado di fare scelte chiare e precise. E va dato merito alla delegazione di averlo fatto, di avere fatto una scelta chiara e precisa, che, a loro dire, permetterà al futuro governo italiano, da loro guidato, di intervenire attivamente nel processo di pace. E la scelta è questa: nei confronti della Palestina, sostegno e solidarietà “senza se e senza ma”, con promessa di immediato e incondizionato riconoscimento, senza nessuno scomodo riferimento a negoziati diretti, sicurezza, rinuncia alla violenza, tunnel, razzi ecc. Nei confronti di Israele, invece, lo slogan “dalla protesta alla proposta” si traduce in “dall’insulto alla reprimenda”, o, meglio ancora, “dal dito medio alzato al dito indice puntato” (l’indice è più adatto all’area governativa). Israele dovrà fare il bravo e comportarsi bene, rispettando quel diritto internazionale che finora ha sempre violato (a differenza, aggiungiamo noi, dei suoi vicini, che lo hanno sempre scrupolosamente rispettato, sia pure con le guerre: ma è noto che la guerra è legge di natura e fonte di diritto, lo hanno detto già Aristotele, Tito Livio, Grozio e tanti altri), e dovrà restituire subito tutto il maltolto, smantellando tutti gli insediamenti, lasciando anche il Golan ecc. Anche in questo caso, “senza se e senza ma”. Il tutto tra lagnanze di essere stati impediti, chi sa perché, di andare a visitare il parco giochi di Gaza, annunzi di future cancellazioni di collaborazioni con aziende israeliane “cattive” ecc. ecc. E in risposta a una nota di protesta dell’Ambasciata italiana di questo stato discolo, la maestra pentastellata ha replicato, in linea con il “nuovo corso”, senza insulti e intemperanze, ricordando al reprobo – puntandogli contro il dito indice “governativo” – che lei, equanime e imparziale, lo ha riconosciuto, ma lui, il discolo, deve rammentarsi di non avere soltanto diritti, ma anche doveri. Era giusto dirlo, dirlo a Israele, e solo a lui: anche nella classe scolastica del Cuore di De Amicis, di Franti ce n’è uno solo.

Francesco Lucrezi, storico

(13 luglio 2016)