Il gomitolo

Sara Valentina Di PalmaIl passato: un gomitolo aggrovigliato che non riesci a dipanare quando vuoi, mi aveva confidato una cara amica, e poi all’improvviso ti trovi davanti un filo da tempo dimenticato, salta fuori a tradimento quando non sei vigile e pronta a respingerlo o ad ergere una barriera per non farti sommergere dai ricordi, che sono come le ciliegie e si susseguono a catena.
Non so come, questa frase mi è tornata alla memoria in questi giorni, ascoltando De André junior che canta De André senior in una sera estiva piacevolmente ventilata, mentre mi concedo una breve pausa da scatole e scatoloni da cui ultimamente mi trovo attorniata. “Genti diverse venute dall’est dicevan che in fondo era uguale. Credevano a un altro diverso da te, e non mi hanno fatto del male”, canta Il testamento di Tito, e ripenso ai dubbi di una tredicenne che ascoltando quell’album uscito vent’anni prima e così lontano dalla sua religiosità lo aveva ritenuto blasfemo (ma forse a tredici anni il mondo è ancora molto in bianco e nero), per poi riconsiderarne, pur nella differenza di fede, gli aspetti di critica al dogmatismo religioso, in un’ottica di ascolto degli ultimi.
Chissà come De André padre avrebbe cantato, avrebbe irriso il fanatismo odierno ed il razzismo della nostra società, quali parole avrebbe trovato per la morte di Emmanuel Chidi Nnamdi, o penso più probabilmente per la sopravvivenza, quale sopravvivenza, della moglie di Emmanuel, Chinyery, che dal terrorismo islamista di Boko Haram si è vista uccidere i genitori ed un figlio, un altro in grembo perso per i maltrattamenti subiti nella fuga dalla Nigeria, il marito assassinato in Italia.
Certo il D-o che conosco, da una prospettiva diversa da quello del cantautore genovese, lascia sempre una seconda possibilità, come ci ricorda Rav Roberto Della Rocca a proposito di Jona in Con lo sguardo alla luna (Giuntina, 2015): così come a Moshe furono date altre due Tavole del Patto dopo la rottura delle prime a causa del peccato dell’Egel HaZaal, Jona poté riconsiderare la sua decisione di non ascoltare le richieste di Kadosh BaruchHu ed accettare la missione a Ninive. Una seconda possibilità, anche quando questa provoca sofferenza ed un prolungamento di permanenza nel deserto per quarant’anni, e tutti pagano la scettica pavidità di dieci tremebondi esploratori. Ma Am Israel arriverà comunque a entrare nella terra di latte e di miele.
Eppure, questa seconda possibilità talvolta sfugge. L’ha avuta forse Claudia D’Antona, assassinata a Dacca mentre il marito era nascosto in un cespuglio? Quale fastidio, però, di fronte a certe critiche di chi si improvvisa giudice (in absentia!) sputando sentenze su cosa fosse giusto fare, se restare nascosti nella speranza di salvarsi o tornare dalla compagna. Alla fine tutti “dormono, dormono sulla collina”, anche le troppe donne di cui le cronache narrano solo quando i compagni le stuprano, le bruciano, le uccidono, come allora “Maggie uccisa in un bordello dalle carezze di un animale”.
E cosa avrebbe detto la Fernanda, compagna di scuola di Primo Levi e allieva di Cesare Pavese il quale le fece conoscere e tradurre l’Antologia di Spoon River che ispirò a De André l’album Non al denaro, non all’amore né al cielo da cui è tratta La collina sopra menzionata? La Pivano, commossa alla vista inaspettata dell’Antologia portale dalla stessa ragazzina dubbiosa della nostra storia, affinché le scrivesse una dedica.
Anche lei, sorpresa a tradimento dai ricordi, un po’ come Eugenio Montale con la moglie Drusilla, scende virtualmente con me dandomi il braccio le scale di casa, per l’ultima volta, lasciando la porta chiusa dietro di noi.

Sara Valentina Di Palma

(14 luglio 2016)