RiMEIScolando – Padova ebraica
“Generazione va, generazione viene”. È il titolo di un’efficace installazione ad opera del regista Denis Brotto che dà vita, assieme ai suoi numerosi frequentatori, al museo della Padova ebraica. Per goderne l’esperienza, bisogna arrivare in una via stretta che si chiama Via delle Piazze, anche se le piazze non le ho viste. Però sono stata accolta da uno degli animatori di questo nuovo centro di cultura ebraica, Gadi Luzzatto Voghera, storico dell’ebraismo e oggi direttore del CDEC di Milano, assieme a Simonetta Lazzaretto dello staff di Coop Culture che gestisce il museo.
È impressionante la struttura, dove alla fine degli anni Novanta sono stati ricostruiti gli ambienti centrali di quella che un tempo era la bella Sinagoga Ashkenazita di Padova, data alle fiamme dai fascisti nel maggio del 1943. Nelle vetrine del museo, allestito solo di recente, oggetti significativi dalla vasta collezione che appartiene alla comunità padovana: rotoli e pergamene, contratti matrimoniali, libri di preghiere, candelabri, calici, bellissimi addobbi. Oggetti usati ancora oggi dagli ebrei di Padova, guidati dal rav Adolfo Locci.
La novità assoluta è tuttavia costituita da una installazione cui danno vita improvvisamente alcune telecamere e che ti tiene inchiodato sulla sedia per cinquanta minuti. Un tempo che in fondo vola, perché si finisce in compagnia di dieci personaggi dell’ebraismo che hanno vissuto proprio a Padova. Un po’ lo sai, e te lo aspetti. Un po’ ti sorprende, soprattutto quando li senti interloquire tra di loro. Non nascondo che fa effetto trovarsi per quasi un’ora alla presenza di figure leggendarie come Yehuda Mintz Ha-Levi, il rabbino talmudista vissuto a cavallo tra 1400 e 1500 e conosciuto come MaHar”Y Mintz (Nostro Maestro il Rabbino Mintz) fondatore e rettore della accademia di studi rabbinici (yeshivà), o Don Yitzhak Abrabanel, suo coetaneo, il grande commentatore e poeta di origine portoghese. Poi appare Meir Katzenellenbogen, di mezza generazione più giovane, ma lui, denominato dagli ebrei pii il MaHaRam (ovvero il Nostro Maestro rabbino Meir) di Padova, era nato a Praga e divenne una altissima figura in campo giuridico ebraico, alla quale si rivolsero altri rabbini famosi come Ovadia Sforno, Salomone Luria o Samuele da Modena. Dal 1700 spunta invece il padovano Moshe David Valle, rabbino, cabalista e medico. Con lui dialoga Moshe Chayim Luzzatto, detto il Ramchal, rabbino, cabalista e poeta che finì la sua vita ad Acri, in Terra di Israele. È lui che, ancora giovane, ci racconta di aver sentito una voce, quella del Magghid, che cominciò a rivelargli i segreti della mistica ebraica. Dal XIX secolo si affaccia invece Samuel David Luzzatto, conosciuto come SHaDal, poeta, linguista e grande esegeta, maestro del Convitto Rabbinico Lombardo Veneto di Padova, dove la sua passione ad insegnare plasmò una intera generazione di nuovi rabbini. Le sue opere sono ancora studiate in tutti i collegi rabbinici del mondo. Ed eccolo qui che ci parla di lilmod ulelamed, imparare e insegnare. Mi vengono i brividi. Quante lettere studiate mi tornano alla mente, in cui questo Maestro discuteva con un altro grande contemporaneo di Livorno, rav Elyah Benamozegh. Dibattevano di illuminismo, di cabbalà e molto altro.
Emilio Morpurgo sembra piuttosto un vero figlio dell’emancipazione e in pieno ‘800 diventa un economista di lustro, uno statistico, addirittura il rettore dell’Università di Padova. Poi incontro Giacomo Levi Civita, garibaldino, che divenne sindaco di Padova dal 1904 al 1910. Avevo più volte letto il suo nome nelle carte di Luigi Luzzatti, suo amico, che fu per breve tempo Presidente del Consiglio. Ancora un altro imprenditore e politico padovano: Leone Romanin Jacur, il quale cammina nella sua filanda con il futuro Papa Pio X. E Leone Wollemborg, economista colto e raffinato, il cui bisnonno era arrivato a Padova dagli ambienti ashkenaziti di Francoforte. E il Senatore del Regno Vittorio Polacco, che insegnò diritto perfino a re Vittorio Emanuele III.
Infine una donna che ho conosciuto: è Lea Nissim, figlia di Ada Levi e Paolo Nissim e sorella di Daniele, che vive oggi a Ramat Gan. Lea racconta la notte in cui fu incendiato il Tempio. Le fiamme sembrano avvampare ancora oggi e bruciare il locale in cui sono ancora seduta. Ma nel finale i dieci ospiti riprendono a parlare uno con l’altro e ridare vita alla sala ricostruita. Mi accorgo solo ora che sono attori e che nell’aria non c’è odore di fumo. Siamo, per fortuna, nel 2016. Calza a pennello, dopo questo tuffo profondo nel passato, visitare la sinagoga italiana dove pregano gli ebrei di Padova. Come ieri, oggi.
Simonetta Della Seta,
Direttore Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah
(14 luglio 2016)