Scambi, rischi
“È assurdo pensare, come si fa in Occidente, che qui si possa mantenere a lungo un ghetto per i ricchi. Che i muri intorno all’Europa possano fermare gli affamati. La fame distrugge ogni muro. E gli affamati dell’Africa arriveranno da voi, nessuna legge che limiti l’immigrazione vi proteggerà. Qui sorgerà una nuova cultura, un po’ europea, un po’ asiatica, un po’ araba e africana, frutto dell’immigrazione, che nessun cannone né confine fermerà. Nessuno ha mai vinto contro la gente affamata”. Con tali parole profetiche – riportate già su queste pagine – si espresse Marek Edelman, uno dei comandanti dell’insurrezione del ghetto di Varsavia del 1943, nel libro Il Guardiano. Egli è stata una delle personalità più significative del XX secolo, socialista democratico non subì mai l’illusione del comunismo sovietico, nel dopoguerra divenne uno strenuo oppositore del regime polacco, vicino alle posizioni di Solidarność, più volte giustificò la scelta di rimanere in Polonia “per sorvegliare le tombe del popolo ebraico”. Il suo rifiuto al sionismo, non era dovuto probabilmente da un odio verso Israele ma piuttosto dalla diffidenza verso qualunque nazionalismo, in sintonia con gli ideali del Bund. “E non montatevi la testa. – continua Edelman – Più di una volta, nella storia, le invasioni barbariche hanno finito per distruggere ricchezze e civiltà sofisticate”. Non si tratta di una minaccia, ma le ondate migratorie come le invasioni barbariche hanno rinvigorito e riplasmato le civiltà decadenti. Quei “barbari” come i franchi, i longobardi, o i visigoti, finirono per “romanizzarsi” ereditando il più della cultura latina d’occidente, ricreando imperi come quello carolingio. Gli stati dei nuovi continenti sarebbero restate piccole entità senza importanza se non vi fossero stati i flussi migratori. La chiusura e l’isolamento non hanno portato mai a nulla di buono nella storia umana. L’umanità si è sempre retta sullo scambio di beni, idee e persone.
Francesco Moises Bassano
(15 luglio 2016)