Il settimanAle – Dislessia

alessandro-treves“L’analisi della dislessia sembrava essersi fermata su un binario morto, ed i tuoi studi l’hanno rimessa in movimento, portando nuova luce su una complessa fenomenologia che ci era rimasta in gran parte oscura.” I complimenti del prof Tim Shallice, decano della neuropsicologia europea, hanno fatto particolarmente piacere a Naama Friedmann, le cui lezioni alla Scuola superiore di studi avanzati sono state fra le più apprezzate dell’incontro TEX2016 appena conclusosi. Naama, professoressa dell’Università di Tel Aviv e direttrice del suo programma interdisciplinare per studenti eccezionali, vincitrice l’anno scorso del premio Landau, lavora su molti aspetti dello sviluppo cognitivo nei bambini e delle disfunzioni del linguaggio negli adulti, e a Trieste ha raccontato di come siano emerse 19 tipologie diverse di dislessia. Per fortuna possono essere inquadrate, e in una certa misura comprese, in un modello concettuale che descrive i processi mentali coinvolti nella lettura ad alta voce in termini di moduli discreti e di connessioni fra i moduli. Così la ‘Letter Position Dyslexia’, o LPD, che comporta il riconoscimento corretto delle lettere ma frequentemente invertite fra loro, soprattutto al centro della parola, viene interpretato come una lesione al modulo cerebrale che codifica la posizione nella parola scritta dei singoli grafemi. Nella dislessia attentiva, invece, è come se i grafemi saltassero fra parole contigue, per un danno al modulo che isola la singola parola, tanto che un miglioramento notevole nella capacità di lettura di chi ne soffre è stato ottenuto, racconta Nama, semplicemente facendoli leggere con l’ausilio di un cartoncino con ritagliata una finestrella, che si può scorrere sulla pagina e lascia vedere una sola parola per volta, o poco più.
La dislessia specifica per le vocali è stata scoperta in Israele in chi legge l’ebraico, con la sua ortografia limitata quasi solo alle consonanti, e poi osservata anche con l’arabo, ma secondo Naama si può riscontrare anche in chi legge altre lingue, in alcuni casi, purché si faccia uso di test opportuni. Grazie all’arabo, lingua che Naama parla e scrive, ma su cui lavora soprattutto con l’apporto di studenti arabo-israeliani, è stato possibile identificare varietà di dislessia caratteristiche della difformità fra lingua scritta, ed usata ad esempio alla televisione, e lingua parlata, usata in tutte le occasioni della vita quotidiana ma quasi mai scritta, neanche sui post-it lasciati sul frigo di casa – si preferisce al limite trascriverla in caratteri latini. E poi c’è il mare magnum della dislessia di superficie, che permette una lettura corretta dei grafemi e delle parole (purché l’ortografia sia ‘trasparente’ ovvero regolare, come è perlopiù in italiano; mentre è problematica la lettura delle parole con grafia ‘opaca’, o irregolare, frequenti in inglese) ma con scarso o nullo riconoscimento della parola e del suo significato. Si ritiene che chi ne soffre abbia subìto una lesione ad uno o più dei moduli corticali che, in profondità, collegano la lettura alla comprensione della lingua e della realtà che la lingua comunica. E’ un po’ come riuscire a stare in equilibrio su una bicicletta, purché la strada sia liscia ed in pianura, ma senza riuscire a guidarla davvero per andare da un posto ad un altro. Chi ha la dislessia di superficie legge, ma non capisce, o capisce poco. Ogni riferimento a specifici fatti e persone è puramente casuale.

Alessandro Treves, neuroscienziato

(17 luglio 2016)