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Necessariamente la halakha tratta delle leggi in senso astratto, senza tener presente l’individuo nella sua interezza. Il compito invece della haggadah è di ricordare che lo scopo di un atto è di trasformare colui che agisce, che lo scopo dell’osservanza è di abituarci a raggiungere fini spirituali. Si sa bene che tutte le mizvoth mirano a purificare il cuore, che è l’elemento essenziale. Le mizvoth che noi compiamo con il nostro corpo hanno infatti lo scopo di stimolare la nostra spiritualità è vengono realizzate con la mente e con il cuore, perché questi ultimi sono i pilastri su cui si basa il servizio di D-o.
La preghiera senza Kavvanah (con il termine ebraico Kavvanah, כונה, si intende l’intenzione del cuore, la gioia, la consapevolezza e la passione) non è preghiera. Nel pregare non si devono moltiplicare le parole pensando di essere esauditi per il gran numero delle parole. D-o conosce i nostri cuori e desidera solo la partecipazione del cuore. La Avodah SheBaLev. La Kavvanah.
Al fine di allenarsi ad avere la giusta Kavvanah è preferibile dire poche preghiere con la giusta Kavvanah, piuttosto che molte con poca (Shulchan Aruch, Siman 1, Seif 4; Aruch HaShulchan, Siman 51, Seif 9; Mishnah Brurah, Siman 1, Seif Katan 12; Hilchoth Shlomo, Tefillah, Cap. 1, Siman 2; Tefillah KeHilchatah 2, 28).
È stato chiesto a Rabbi Shlomo Zalman Auerbach: “Ho a disposizione due Minianim per Shachrith alle ore 7 del mattino. Uno dei due procede lentamente con molta Kavvanah; l’altro procede velocemente con poca Kavvanah. Se devo prendere l’autobus delle ore 7.45 per andare di corsa al lavoro, quale dei due Minianim è preferibile frequentare? Quello più veloce, con minore Kavvanah, e uscire conclusa la preghiera; oppure quello lento, con maggiore Kavvanah, e uscire senza averla conclusa?”
Rabbi Shlomo Zalman Auerbach rispose: “E’ evidente che è preferibile pregare con la giusta Kavvanah, anche se questo comporta il fatto di doverla interrompere prima della conclusione, dal momento che è meglio pregare meno ma con maggiore Kavvanah piuttosto che pregare di più senza la giusta Kavvanah”.
Dobbiamo risvegliare nei mostri cuori la passione per la tefillah, prima di ripetere a memoria le parole.
Esiste un dibattito nella letteratura rabbinica se le Mitzvot necessitino, in tutti i casi e a priori, della Kavanà.
Il pensiero chassidico diede nuovo risalto alla sincera osservanza delle Mitzvot da parte della gente semplice e comune, con Kavanà. Per il Baal Shem Tov “D-o desidera il cuore a priori”. Proprio come le semplici preghiere delle masse di devoti comuni possono andare oltre l’erudizione consapevole degli studiosi, così anche le loro Mitzvot possono raggiungere livelli spirituali che gli eruditi invidiano ed emulano. Nella dimensione profonda dell’interpretazione chassidica, le Mitzvot sono descritte metaforicamente come una comunione dell’essenza divina espressa nei Masim Tovim (buone azioni).
Colui che osservi una Mitzvà non per se stessa, sarebbe meglio per lui non esser mai stato creato (Berachoth 17a).
È stabilito dalla Halachà che le Mitzvot necessitano di Kavanà: quando si compie una Mitzvà si deve avere l’intenzione di uscire d’obbligo con quella Mitzvà nel modo completo. La Mishnah Brurah precisa che la Kavanà è necessaria a priori in merito al significato della Mitzvà stessa, per esempio: riguardo alla Mitzvà dello Tzitzith si deve a priori avere l’intenzione di compierla al fine di ricordare tutte le altre Mitzvot della Torah per metterle in pratica, ecc. (Shulchan Aruch, Orach Chaym 60, 4 con Mishnah Brurah; Shulchan Aruch, Orach Chaym 8, 8)
Per mezzo della Kavanà, la giusta intenzione del cuore, ci si lega maggiormente alla Mitzvà dal punto di vista spirituale e la si compie nel modo più completo e con il cuore puro. In questo modo si esegue la volontà del Creatore che desidera la partecipazione del cuore (Dvequth). E questo non riguarda solamente le Mitzvot, ma ogni azione che compiamo quotidianamente nella nostra vita. Ogni azione e ogni pensiero deve essere compiuto in Nome del Cielo (LeShem Shamaym).
A posteriori, la mancanza di una intenzione giusta (Kavanà) non compromette necessariamente totalmente la validità di una Mitzvà. Le azioni buone, anche se provengono da una persona che agisce in base al proprio interesse, saranno parzialmente ricompensate da D-o. L’uomo si occupi sempre di Torah e di Mitzvot, anche se non per se stesse, poiché, anche facendolo non per se stesse, egli arriverà a farlo per se stesse, per amore di D-o (Sanhedrin 105). Tutto ciò che pensiamo influisce su quello che facciamo e tutto quello che facciamo influisce su quello che pensiamo. L’uomo viene influenzato da tutte le sue azioni, il suo cuore e i suoi pensieri seguono i suoi atti. Se uno si sforza continuamente nello studio e nella osservanza della Torah e segue tutti i suoi comandamenti, anche se possiede un cuore incline alle cattive intenzioni, con il tempo, pur non essendo spinto da motivi puri, diventerà incline alle buone intenzioni, al bene, e sebbene sia impegnato negli scopi religiosi per motivi non puri, alla fine li seguirà per essi stessi, per amore di D-o (Rabbi Aron HaLevi, Sefer HaChinuch, mitzvah 20).
Non ostante questo ci sono persone che compiono le Mitzvot superficialmente, che le compiono al fine di trarne un vantaggio personale, per il proprio onore. Tutte le loro Mitzvot le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro Tefillin e allungano gli Tzitziot; amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nel Beth HaKnesseth e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare “Rabbì” dalla gente. Questo genere di persone, anche se compiono una Mitzvà e ricevono comunque il loro merito, infondo non servono D-o, ma servono solo il proprio ego.
In tutti i casi colui che non osservi il precetto per amore di D-o è lontano dalla piena osservanza. Poiché il Signore scruta tutti i cuori e comprende ogni piega dei pensieri (I Cr.28,9). Il Misericordioso desidera il cuore (Sanedrin 106a). Al Santo e Benedetto Egli Sia non basta che soltanto le azioni siano conformi alla Halachà. Ai suoi occhi è essenziale la Kavanà, è essenziale che il cuore sia puro e tutto orientato all’autentico servizio divino. Dobbiamo servire il Signore con amore e gioia. Non c’è nessuna dicotomia tra fede e opere.
Beato l’uomo la cui spiritualità è sincera. Quanto è buono D-o con i giusti, con gli uomini dal cuore puro (Salmi 73, 1). Giusto è il Signore, ama le cose giuste; gli uomini puri vedranno il suo volto (Salmi 11,7). D-o ama colui che ha il cuore puro (Berachoth 84b). Il Signore ama chi è puro di cuore (Proverbi 22, 12).
Beati i puri di cuore, perché essi vedranno D-o.

Paolo Sciunnach, rabbino

(18 luglio 2016)