Opinione pubblica
In questi mesi molti si sono chiesti come sia stato possibile che la Gran Bretagna abbia affidato il proprio destino a un referendum dall’esito incerto e a un elettorato forse non del tutto consapevole delle conseguenze. Personalmente ammetto di provare un certo sollievo al pensiero che la nostra Costituzione esclude per l’Italia un’eventualità analoga. Altre volte però mi domando: cosa sarebbe successo se gli italiani avessero avuto la possibilità di decidere se entrare o meno nella prima guerra mondiale? Quasi sicuramente avrebbero vinto i “No” e ci saremmo risparmiati centinaia di migliaia di morti. Ovviamente è impossibile analizzare le conseguenze sul lungo periodo (ci saremmo risparmiati anche il fascismo?), e infatti ci è stato insegnato fin da piccoli che la storia non si fa con i “se”. Resta comunque una considerazione essenziale: in quel contesto l’opinione pubblica si sarebbe dimostrata più saggia dei governanti e, soprattutto, le persone meno istruite si sarebbero dimostrate più sagge degli intellettuali.
D’altra parte cosa sarebbe successo se nel 1938 in Francia e in Inghilterra fosse stato sottoposto a referendum l’accordo di Monaco? Indubbiamente avrebbero prevalso i “Sì”, e i cittadini francesi e inglesi si sarebbero resi corresponsabili di quello che oggi appare in tutta evidenza come un gravissimo errore. È così che funziona la democrazia: si spera che il buonsenso della maggioranza, in quanto somma del buonsenso di un numero maggiore di individui, sia superiore al buonsenso della minoranza, ma non è affatto detto che sia così.
I due casi ipotetici che ho immaginato hanno un elemento comune: nelle democrazie l’opinione pubblica tende a essere sempre per la pace, quando è sacrosanto volerla ma anche quando è la premessa per una guerra ancora più cruenta. Il desiderio di pace a tutti i costi spesso è scambiato per debolezza; in realtà quando il conflitto diventa inevitabile le democrazie dimostrano di sapersi difendere molto bene. Ed è meglio che il mio gioco dei “se” si fermi qui, perché i confronti tra settant’anni fa e oggi (ideologie antidemocratiche che vogliono il conflitto a tutti i costi e democrazie che talvolta sembrano sottovalutare il pericolo) rischiano di suonare inquietanti anche per chi è sicuro che alla fine le democrazie vinceranno.
Anna Segre
(22 luglio 2016)