Setirot – Simboli
Fin da subito, anni fa, sono stato contrarissimo alla legge francese che vieta i simboli religiosi negli uffici pubblici e in particolare nelle scuole – legge più nota come “anti velo”. Ne capivo le motivazioni, ne accettavo la buona fede, però mi pareva un obbrobrio. Sono fermamente convinto che lo Stato e la scuola pubblica debbano essere rigorosi sul proprio essere laici, sulla trasmissione della laicità e sul severo controllo che l’insegnamento e l’orientamento non trasgrediscano di una virgola questo dettato. Ma un conto è la struttura scolastica e un conto sono gli individui, che a mio avviso hanno l’inalienabile diritto – se vogliono – di entrare in classe o all’università o in un tribunale portando la kippah o un velo che lasci scoperto il viso (come da leggi di pubblica sicurezza sull’ordine pubblico). Perché questa premessa? Perché giorni fa ho letto un articolo bello, sincero e chiaro, di Gheula Canarutto – che i lettori di Moked ben conoscono. E allora mi sono chiesto come mai un “super laico” come me fosse in sintonia con una “super religiosa” come Gheula. La risposta credo sia nelle sue stesse parole. “Sono nata e cresciuta a Milano. I miei genitori sono di Bologna e i miei nonni di Bologna e Trieste. Sono un’ebrea italiana a tutti gli effetti. Godo di diritto di voto, sono laureata in Bocconi, dove ho insegnato alla Scuola di Direzione Aziendale per sette anni. Porto la parrucca. La mia mamma e la mia nonna non l’hanno mai indossata. La mia è stata una scelta, assolutamente controtendenza. Nessuno mi ha imposto di metterla, non c’è stata nessuna pressione sociale. Nessuna delle mie amiche la portava”. Parrucca, hijab, catenine con stelle o croci… il mondo ha bisogno di libertà, e certamente non c’è una libertà che valga meno di un’altra.
Stefano Jesurum, giornalista
(28 luglio 2016)