Guerra di religione
Mai avrei pensato che mi sarebbe accaduto di giudicare troppo materialista il discorso di un papa: eppure non saprei spiegare diversamente la sensazione di disagio che ho provato sentendolo dichiarare che “Non c’è guerra di religione. C’è guerra di interessi, per i soldi, per le risorse naturali, per il dominio dei popoli. Tutte le religioni vogliono la pace”. Naturalmente non si può ignorare il contesto in cui queste parole sono state pronunciate: è giusto evitare di fare il gioco dei terroristi sottolineando ed esasperando le differenze religiose, così come è giusto non fare distinzioni di alcun genere tra le vittime. Eppure è troppo semplice negare semplicemente che esistano le cose di cui non fa comodo riconoscere l’esistenza. Sarebbe troppo facile, e sarebbe anche clamorosamente falso, affermare che tutti coloro che si sentono in diritto di uccidere in nome della religione sono in malafede e in realtà perseguono interessi economici o di potere. Purtroppo non è così oggi, così come non è stato così in epoche passate. Le persecuzioni, le crociate, le guerre di religione che hanno insanguinato l’Europa e il mondo per millenni avranno anche avuto motivazioni economiche o politiche, ma se ci fossero state solo quelle il numero delle vittime e il livello delle atrocità commesse sarebbero stati immensamente inferiori: solo il fanatismo e la convinzione (cieca ma per molti assolutamente in buona fede) di eseguire la volontà divina hanno potuto abbattere così efficacemente ogni sorta di freno morale. Le guerre di religione sono esistite, esistono e non smetteranno di esistere finché ci saranno persone sinceramente convinte di fare la guerra in nome della religione. E anche finché ci saranno persone che vengono uccise a causa della loro religione. Riconoscere questa realtà da parte di un papa non significherebbe, a mio parere, alimentare i conflitti religiosi, anzi, sarebbe una doverosa assunzione di responsabilità per tutte le atrocità commesse nel corso dei secoli da persone che ritenevano in assoluta buona fede di seguire gli insegnamenti della Chiesa cattolica. E forse questa assunzione di responsabilità riguarda in qualche modo tutti i credenti di tutte le religioni: solo riconoscendo che le persone che commettono atrocità in nome della fede e non per altre ragioni esistono si può lavorare tutti insieme perché un giorno non esistano più. Non per niente la Torah ci mette in guardia soprattutto dall’idolatria, e non dubita affatto della fede degli idolatri.
Anna Segre
(29 luglio 2016)