Il Museo d’arte di Tel Aviv

Schermata 2016-07-31 alle 15.41.56Ruth Direktor, lei è curatrice d’arte contemporanea al Museo d’arte di Tel Aviv: mi descrive il suo museo?
“II Museum of Art di Tel Aviv ospita arte moderna e contemporanea ed è stato iI primo a essere allestito in Israele. Fu fondato nel 1932, agli albori della città, e la sua prima sede fu la residenza privata del primo sindaco, Meir Dizengoff. Dizengoff diceva che ogni città degna del nome dovrebbe avere un viale, una piazza e un museo. Non era un esperto d’arte e aveva una visione piuttosto ingenua del museo, ma adorava l’arte. Lui e la moglie non avevano avuto figli e nel testamento scrisse che iI museo era la sua “adorata creatura”. Chiese a Marc Chagall – il più famoso artista ebreo del tempo – di dirigerlo. Chagall non poté accettare l’offerta, ma mantenne i contatti con Dizengoff fu lui a donare il primo dipinto al Museo: “Ebreo con la Torah”, del 1925. Ancora oggi è registrato con il numero “1” nella nostra collezione. In seguito ci furono altre donazioni, soprattutto da collezionisti e artisti ebrei. Gradualmente il museo ha messo insieme una collezione completa e importante di arte moderna, che è permanente, e anche una raccolta più piccola di antichi maestri”.

Cosa è accaduto al museo dopo la morte di Dizengoff?
“Nel 1936 l’edificio fu più volte ristrutturato per adattarlo alle esigenze museali. Ma, espandendosi il museo, la casa divenne sempre più inadeguata e nel 1959 fu trasferito in una nuova sede. Nel 1971 il museo ebbe di nuovo bisogno di spazi più grandi e venne trasferito nell’attuale sede. Nel 2011 fu aggiunta un’ala e, quindi, oggi presenta tre diversi stili”.

Che tipo di mostre e che genere di eventi organizzate?
“Ogni anno abbiamo circa 34 mostre temporanee, accanto alle collezioni permanenti di arte israeliana e internazionale. Ci sono diversi auditorium polifunzionali che ospitano letture, conferenze, concerti, proiezioni cinematografiche, spettacoli di danza e altro ancora”.

Ad esempio?
“Le cito un’esibizione davvero unica che si è tenuta l’anno scorso: è una performance del gruppo israeliano Public Movement. Il punto di partenza è un fatto storico, la proclamazione dello Stato d’Israele nella galleria del Tel Aviv Museum, il 14 maggio 1948. I Public Movement volevano dimostrare come l’identità nazionale sia legata all’identità artistica. Vestiti con uniformi bianche, si esibivano a orari fissi. Accompagnavano gruppi di 25 persone in una specie di visita guidata. Una delle tappe era una replica della galleria che ospitò la proclamazione, compresi i dipinti originali appesi ai muri come silenziosi testimoni di quel momento storico. Lì mettevano in scena una cerimonia basata su quell’evento, con una variante: cantavano il loro inno e non quello nazionale. II museo stesso serviva come materia prima per il lavoro dei Public Movement. Correvano e saltavano; camminavano in formazione da parata e danzavano la hora, una danza folkloristica, declamavano tutti insieme e si baciavano. La loro sintassi si fonda sull’estetica, sulla coreografia e sul potenziale erotico dei movimenti dei giovani corpi. Le loro coreografie s’ispirano a un mondo di azioni militari, movimenti giovanili cerimonie solenni ed eventi in contesti nazionalisti. II loro tour di 50 minuti lascia confusi: è una cerimonia? Una parata? Chi impersonano i membri dei Public Movement? Sono ironici? E vero quello che dicono?”

Quanti visitatori avete?
“Circa 650 mila all’anno. Il numero di visitatori è considerato un indice di successo. Ma, se posso tornare al caso dei Public Movement, non sempre il numero è ciò che conta. Essendo una performance ad accesso limitato, il loro spettacolo è andato avanti solo per sei settimane con 26 repliche per settimana e 25 persone per volta. E, nondimeno, è stato un progetto eccezionale”.

L’arte contemporanea è viva in Israele?
“C’è una vivace vita artistica. Ci sono molte scuole d’arte e la maggior parte ha un master in belle arti. A Tel Aviv ci sono gallerie private, spazi gestiti dagli artisti stessi e spazi non-profit, oltre a un fitto programma di esibizioni ed eventi artistici”.

Quali sono i maggiori artisti israeliani?
“Quelli di maggior successo sono Mi-chal Rovner, Yael Bartana, Sigalit Landau, Guy Ben Ner, Omer Fast, Mika Rutenberg, Keren Zitter, flit Azoulay, Nevet Itzhak e altri. Non sorprende che la maggioranza siano videoartisti o, comunque, artisti che lavorano soprattutto con i video. A differenza della pittura e della scultura, campi in cui gli artisti israeliani sentono lo svantaggio dell’essere privi di una tradizione artistica, con i video il discorso è diverso”.

La difficile situazione del suo Paese ha grande influenza sugli artisti?
“La situazione politica influisce molto. E presente in modo dichiarato nelle opere d’arte e anche in modi più nascosti. Un artista, Moshe Gershuni, nel 1977, scrisse nell’ambito di un lavoro sperimentale a Gerusalemme: “Il problema della pittura è il problema palestinese.” Anche se è stata scritta quasi 50 anni fa, è ancora una frase che colpisce e fa pensare: davvero il problema dell’arte è il conflitto politico?”.

Alain Elkann, La Stampa, 31 luglio 2016