Il settimanAle – Incoronate
Alle felicitazioni senza riserve per l’elezione di Noemi Di Segni hanno fatto seguito quelle più circostanziate per la nomina di Hillary Rodham Clinton a candidata democratica per la presidenza degli Stati Uniti; nomina che non può non indurre a interrogarsi sul come e sul quanto i legami familiari abbiano influito sulla sua carriera. La vicenda di Hillary, che potrebbe ancora diventare la donna più potente del mondo ad avere nipoti ebrei, stimola il confronto con quelle di altre donne leader, ebree o approssimativamente ebree, che abbiamo in una certa misura rimosso dall’agiografia del giudaismo divulgativo.
La più citata in senso femminista e terzomondista è probabilmente Dihya, la regina berbera del settimo secolo, nota anche come Kahina, di cui si sa che lottò con determinazione contro gli invasori musulmani, ma non si sa se fosse davvero ebrea, come pare sostenere Ibn Khaldun, o più verosimilmente cristiana, o qualcos’altro ancora. Dopo una grande vittoria e cinque anni di dura campagna, la leggenda dice che presagendo la disfatta finale Dihya mandò i suoi due figli naturali, affidati ad un terzo, adottivo, che era un ufficiale arabo da lei catturato, presso l’esercito nemico. Lei poi, sconfitta, fu uccisa o si uccise, ma i due figli, si dice, si convertirono all’Islam e condussero le schiere musulmane oltre le colonne d’Ercole, ad invadere l’Europa. Difficile estrarre una morale valida per i giorni nostri, da questa vicenda familiare.
Proviamo allora con la regina Helena, Heleni HaMalkà, cui è intitolata una strada parallela a Rehov HaNeviim a Gerusalemme, la grande benefattrice degli anni successivi alla predicazione di Yehoshua, che durante una carestia fece acquistare e distribuire agli affamati giudei grano egiziano e fichi ciprioti, ed il cui palazzo è stato da poco riscoperto, pare, con gli scavi nella città di David. Helena era di stirpe iranica, dal regno di Adiabene, e si convertì al giudaismo indipendentemente dal figlio minore Izates II, che fece la stessa scelta. Fu anche madre del maggiore, Monobaz II bar Monobaz, ed anche zia di Monobaz II bar Monobaz, che erano poi la stessa persona, in quanto figlio ma anche nipote di re Monobaz I, che già fratello di Helena ne era diventato anche lo sposo. Può darsi che questo insistere su relazioni plurime coi Monobaz abbia contribuito a renderla meno popolare di quanto la sua munificenza e generosità avrebbero meritato, ma certo le loro vite si sono incrociate anche toponomasticamente: una via traversa è intitolata a Monobaz, non ricordo ora se al primo o al secondo.
E infine che dire, pochi anni dopo, della bellissima Berenice? Pronipote di Erode il Grande, figlia di Erode Agrippa I, sposatasi tredicenne, infilò l’uno dopo l’altro tre matrimoni sfortunati, anche se da quello con lo zio Erode di Calcide ebbe due figli, Ircano e Bereniciano. Gran parte della sua vita da regina la passò però alla corte del fratello, Erode Agrippa II, celibe, ultimo degli erodiani, con cui si dice, e Giovenale dà per scontato, avesse una relazione incestuosa. Finché giunto Vespasiano a reprimere la rivolta giudaica Berenice, ormai quarantenne, intrecciò una relazione col figlio di lui, Tito, di undici anni più giovane. Repressa nel sangue la rivolta, con forse un milione di morti, Tito tornò a Roma dove Vespasiano era diventato imperatore (grazie anche ai soldi di Berenice, sostiene Tacito), e nel 75 EV fu raggiunto da Agrippa e da Berenice, la quale per un certo periodo, apertamente la compagna e convivente del figlio dell’imperatore, fu all’apice della sua potenza, come narrano Quintiliano e poi Dione Cassio. Invisa al popolo, Tito fu costretto a mandarla via, per poi richiamarla nel 79, diventato lui stesso imperatore; e presto essere persuaso, racconta Svetonio, a cacciarla di nuovo, e definitivamente, prima di morire nel settembre dell’81. Brevemente quasi-imperatrice romana, fu Berenice l’ebrea più potente di tutti i tempi? Non so. Certo che è stata pressoché cancellata dalla nostra memoria collettiva. Ma forse, più che di Hillary Clinton, è da considerarsi come un’antesignana di Monica Lewinsky.
Alessandro Treves, neuroscienziato
(31 luglio 2016)